Dal dialogo fra alcune realtà impegnate nella elaborazione di politiche di resistenza ma anche di azione propositiva nel campo economico e/o difesa dei beni comuni, ovvero Attac Italia, Centro Nuovo Modello di Sviluppo, Re:Common, Rivolta il Debito, Smonta il Debito, è nato l’appello per un percorso comune sul tema “Per una nuova finanza pubblica” qui di seguito pubblicato.
Le crisi - finanziaria, economica, sociale ed ambientale - sono
ormai arrivate ad un punto critico, soprattutto in Europa. A cinque anni dallo
scoppio della bolla dei sub-prime negli USA, la crisi bancaria, sintomo della
finanziarizzazione strutturale dell'economia e della società attuata negli
ultimi decenni, è stata trasformata in una crisi del debito pubblico dei
governi con il fine di imporre ulteriori riforme liberiste (politiche di austerità
e conseguente svendita del patrimonio pubblico).
Si accelera la crisi democratica nell'Unione europea ma anche
in Italia, dove l'imposizione di un governo tecnocratico apprezzato dai mercati
ha tolto potere ai cittadini e a chi sta pagando l’ impatto della crisi.
Intorno alla questione della finanza ruota il futuro di una rinascita politica
così come la possibilità di pensare una nuova democrazia dei diritti e dei beni
comuni ben oltre l'attuale fallimentare modello di sviluppo.
Le proposte messe in campo negli ultimi anni si sono rivelate
tutte fallimentari. Il salvataggio sistemico delle banche ha solo foraggiato
ulteriore speculazione, salvato i bonus dei banchieri e privato di risorse l'economia
reale (famiglie e piccole imprese) in recessione. A livello europeo i
meccanismi promossi per aiutare gli stati in difficoltà (EFSF, ESM) si basano
tutti sulla logica di non alterare il funzionamento dei mercati finanziari,
consegnandogli ancora più potere. Per altro le risorse mobilitate da questi
meccanismi, e reperite in gran parte sugli stessi mercati finanziari, sono
irrisorie rispetto alle necessità.
Si continua a parlare di stimolo per la crescita economica, ma
con misure inadeguate e soprattutto stereotipate : un Mito della crescita
ancora legato alle grandi infrastrutture (TAV in primis) da sostenere tramite nuove alchimie finanziarie sui
mercati di capitale e con nuovi pesanti indebitamenti per lo Stato.
Ci stiamo avvicinando al punto di non ritorno con conseguenze
imprevedibili. Lo scenario greco, dove i creditori pilotano il default in
maniera machiavellica a danno dei debitori, si può ripetere per altri paesi
europei. Perfino le misure di “socializzazione” del debito a livello europeo (eurobond e transfer union), e di intervento della Banca centrale europea come
prestatore di ultima istanza, se anche superassero gli attuali contrasti
politici, potrebbero rivelarsi inadeguate a fronte di una esuberanza devastante
e sistemica dei mercati finanziari.
Per interrompere questo ciclo devastante di politiche di
austerità depressive, svendita del patrimonio pubblico e messa sul mercato dei beni comuni ad
esclusivo vantaggio di pochi interessi privati; per fermare salvataggi a vuoto
di banche e stati in difficoltà, nonché illusorie politiche di ripresa economica
e sociale, è necessario prendere il toro per le corna ed affrontare due
questioni chiave:
-
come emanciparsi dalla dittatura dei
mercati finanziari, sottraendo la finanza pubblica all'estrazione di valore da
parte di questi e definanziarizzando, ossia riducendo, il volume di questi
mercati sempre più pieni di capitali in cerca di beni patrimoniali altamente
profittevoli su cui investire.
-
come riappropriarsi di nuove forme e
strumenti di governo della finanza pubblica per uscire dalla crisi promuovendo un
altro modello di economia e di società, con un nuovo intervento pubblico
partecipativo che subordini gli interessi privati a quelli collettivi.
E’ necessario un
progetto politico di rilancio e ridefinizione della finanza pubblica che
affronti alla radice tre questioni centrali: il debito pubblico, il sistema
bancario, e le politiche fiscali.
1) Uscire dalla trappola del debito
La creazione del debito pubblico è stata a vantaggio di
pochi e non della maggioranza delle persone.
La mancata tassazione delle rendite finanziarie, la mancata riforma
fiscale in senso autenticamente progressivo e l'utilizzo corrotto della spesa
pubblica per il controllo sociale, hanno beneficiato una classe ristretta di
persone, e il divario tra ricchi e poveri nel nostro paese è divenuto più
profondo.
E' necessaria – tanto a livello nazionale quanto a livello
di enti locali - un'auditoria pubblica e partecipativa che valuti quali debiti
sono illegittimi e quindi da non riconoscere, e quali vadano invece ripagati, ristrutturando
la composizione del debito, a partire dall’immediato congelamento del pagamento
degli interessi e da una rinegoziazione equa, democratica e trasparente con i
creditori.
2) Riappropriarsi di una banca pubblica per gli
investimenti
La Cassa Depositi e Prestiti, che raccoglie il risparmio
postale dei cittadini e dei lavoratori, e che, dopo la sua privatizzazione nel
2003, è divenuta un vero e proprio “fondo sovrano” sui mercati finanziari
internazionali, deve essere risocializzata per tornare a finanziare – a tassi
agevolati e fuori dal patto di stabilità- gli investimenti degli enti locali
per i beni essenziali e il welfare territoriale; così come -a tassi agevolati e
fuori dal circuito bancario- interventi
pubblici e per privati (PMI e individui) finalizzati alla riconversione
ecologica e sociale dell’economia.
Disaccoppiando Cassa Depositi e Prestiti dai mercati di
capitale diventerebbe inoltre possibile reincanalare alcune risorse private
nella Cassa, da gestire per finanziare interventi di interesse pubblico, così
come, in caso di difficoltà del sistema bancario privato, intervenire per
rinazionalizzare le banche salvate e gestirle fuori da logiche di mercato.
3) Profonda riforma fiscale
Le risorse economiche, al contrario di quanto afferma la teoria
dominante, ci sono e vanno recuperate laddove si trovano : per questo diventa
necessario tassare le rendite finanziarie, sottoporre a forte controllo
democratico i movimenti di capitale, redistribuire il prelievo fiscale a carico
dei redditi più alti e dell’uso di risorse naturali.
Così come è necessario, a livello internazionale,applicare
subito una tassa sulle transazioni finanziarie, partendo dai paesi europei
interessati.
Mentre sul lato della spesa, oltre alla radicale rimessa in
discussione dell’attuale patto di stabilità, occorre da subito un taglio
drastico alle spese militari, con il rilancio di una campagna di massa per
l’obiezione alle stesse.
Per invertire la rotta in un momento cruciale della crisi,
il conflitto con i mercati finanziari e di capitale è inevitabile e va
combattuto ora prima che sia troppo tardi. Una nuova finanza pubblica può
essere l'argine ma anche lo strumento per disinnescare la crisi, rimettere sotto
controllo la finanza privata, e costruire un altro modello sociale, a partire
dal riconoscimento dei diritti collettivi, dalla riappropriazione sociale dei
beni comuni e dalla riconversione ecologica dell’economia.
Si tratta semplicemente di riappropriarsi della democrazia.
Su queste riflessioni e questi temi, le reti SiD
(Smonta il Debito) e RiD (Rivolta il Debito) e le
associazioni Attac Italia, Re:Common e Centro Nuovo Modello di Sviluppo
hanno deciso di lavorare comunemente per la costruzione di un ampia coalizione
sociale nel Paese che, ben oltre i prossimi appuntamenti elettorali, promuova
un progetto politico e di mobilitazione sociale per una nuova finanza pubblica.
Per questo promuoveranno incontri con comitati territoriali,
reti di movimento e realtà associative, forze sindacali e politiche interessate
al percorso, proponendo loro un primo momento pubblico di confronto collettivo
durante il summit Firenze 10+10 del prossimo novembre.
Attac Italia, Centro Nuovo Modello di
Sviluppo, Re:Common,
Rivolta il Debito, Smonta il Debito
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