sabato 30 luglio 2011

Estate : attenzione alle bibite gassate

Durante i mesi estivi il fabbisogno giornaliero di liquidi aumenta e nonostante bere molta acqua possa apparire monotono, non sempre alternare ad essa bibite zuccherate e frizzanti è la cosa migliore da fare.
Non solo perché il più delle volte queste rischiano di aumentare la nostra sete piuttosto che placarla, ma anche a causa del loro contenuto eccessivo di zuccheri e caffeina che rischiano di rovinarci linea e salute.

Dalle analisi biochimiche effettuate è emerso che le bibite gassate, confrontate con i farmaci da banco a base di soda comunemente usati per combattere la disidratazione, hanno un contenuto di zuccheri troppo elevato a fronte di un contenuto esiguo di sali minerali, i componenti realmente utili per reidratarsi.

Naturalmente che le bibite gassate hanno un contenuto di zuccheri troppo alto è risaputo. Quello che invece probabilmente sfugge ai più è che esso supera addirittura di sette volte il limite raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Un dato quest’ultimo che dovrebbe allarmarci e che fa di coca cola e simili un alimento estremamente dannoso per la salute se consumato in dosi eccessive.

Seguire un regime alimentare troppo ricco di zuccheri danneggia la salute del cuore e delle arterie, oltre che dei denti, ed espone pericolosamente al rischio di obesità e a tutte le complicanze mediche che ne derivano. E’ più consigliabile quindi seguire una dieta sana ed equilibrata ed evitare gli eccessi alimentari che possono indurci a cercare rimedi inutili e dannosi come le bollicine.

Un'altra conseguenza di un'elevata assunzione di bevande analcoliche gassate è la perdita dello smalto dei denti, che determina il deterioramento e l'ingiallimento di questi ultimi. L'agente responsabile è l'acido fosforico presente nelle bevande analcoliche gassate, che si ritiene abbia anche un impatto negativo sulla digestione.
Per quale motivo l'acido fosforico determina tali effetti? L'organismo cerca di mantenere il normale livello di acidità (pH) della saliva leggermente alcalino o, più specificamente, a 7.4; tuttavia, dato che le bevande analcoliche gassate sono estremamente acide (valutate 2.0 sulla scala del pH, ovvero 100.000 volte più acide dell'acqua pura), quando consumate di frequente lasciano nella bocca un residuo acido, che abbassa la naturale alcalinità della saliva.

Tale squilibrio attiva i naturali sistemi di riparazione dell'organismo che, onde invertire il livello acido del pH, utilizza ioni di calcio resi disponibili dai denti, intaccando in tal modo lo smalto. A quanto pare anche le bevande definite "senza zucchero" o a "basso contenuto di zucchero" ne contengono in misura sufficiente a danneggiare i denti, oltre ad avere gli stessi acidi delle bevande gassate standard.

I consumatori dovrebbero inoltre sapere che le bibite analcoliche a basso contenuto di zuccheri, come le 'sode' dietetiche per le quali si utilizzano dolcificanti artificiali, forse assicurano un minor apporto calorico ma sono zeppe di aspartame, sostanza chimica ritenuta una potente neurotossina nonché un distruttore endocrino.

Oltre ad essere associato ad una moltitudine di nocivi effetti collaterali quali tumori cerebrali, difetti congeniti, diabete, disturbi emotivi ed epilessia/crisi apoplettiche, l'aspartame, quando resta in magazzino per periodi prolungati e viene conservato in ambienti caldi si trasforma in metanolo, un alcol che si converte nei noti agenti cancerogeni formaldeide ed acido formico.

Nel suo libro dal titolo "The Crazy Makers", Carol Simontacchi rileva quanto segue: "Un litro di bevanda dolcificata con aspartame può produrre all'incirca cinquantasei milligrammi di metanolo. Quando si consumano varie bevande di questo tipo in un periodo limitato di tempo (diciamo nell'arco di una giornata), nel sangue confluiscono circa duecentocinquanta milligrammi di metanolo, ovvero trentadue volte il limite stabilito dall'EPA."
[Tratto da l'angolo della salute sul sito dell'Associazione Borgo Dora di Torino]

Commento:

Molto meglio un bicchiere d’acqua che una bevanda gassata.


venerdì 29 luglio 2011

I rifiuti calano, ma i prezzi aumentano

Gli Italiani producono meno rifiuti e fanno aumentare la quota della raccolta differenziata. I migliori risultati al Nord, con il Trentino ed il Veneto in testa. Ma migliora anche il Sud Italia. I costi però aumentano. Il nuovo rapporto Ispra...
 
In Italia scende ancora, di poco, la produzione di rifiuti urbani. La quantità di immondizia prodotta a livello nazionale scende dell’1% arrivando tra il 2008 ed il 2009 a 32,1 milioni di tonnellate (circa 32,5 milioni di tonnellate nel 2008). 
Diminuisce anche il pro capite: nello stesso periodo ogni abitante ha prodotto circa 9 kg in meno all’anno, ( circa l’1,6% in meno), per un valore complessivo di circa 532 kg per abitante.   
 
La raccolta differenziata invece cresce considerevolmente: il Nord (48%) sfiora l’obiettivo del 50%, ma il Centro e il  Sud, anche se in crescita, rimangono lontani dall’obiettivo (24,9% e 19,1%). A fare davvero la differenza è il Trentino Alto Adige con il 57,8%, a cui segue il Veneto con il 57,5%. Al sud, bene la Sardegna che raggiunge il 42,5% di raccolta ma, tra le regioni del Mezzogiorno, è la Campania con il 29,3%, a registrare la crescita più rilevante. Il Molise (10,3%) supera per la prima volta la soglia del 10%, mentre il dato siciliano è ancora inferiore a tale valore. 

Tra le città con più di 150 mila abitanti, oltre a Reggio Emilia che con il 49,9% raccoglie e  differenzia la percentuale maggiore di rifiuti, superano il 45% Modena (47,4%), Ravenna e Parma (entrambe con il 45,2%). Seguono  Torino (41,7%), Padova (40,4%) e Brescia (40,2%). Per la prima volta, Roma e Genova oltrepassano la soglia del 20%; buono anche il risultato raggiunto dalla città di Napoli (18,3%), quasi il 10 % in più rispetto al 2008.   
 
Discariche: l’Italia - al 40,6% - è ancora oltre la media europea del 38%. Il Sud, in controtendenza rispetto alle altre macroaree, aumenta la quota di 92 mila tonnellate (+1,4%), nonostante i consistenti miglioramenti della Sardegna dove lo smaltimento in discarica passa dal 52% al 42% e dell’ Abruzzo che segna un 60% rispetto all’80% del 2008.  
 
Sempre più alti i costi per gli italiani.  Nel 2008 ogni persona ha speso 138,22 euro per la gestione dei rifiuti urbani (158,43 euro nei grandi centri e 100,80 nei piccoli), mediamente il 5,1% in più rispetto al 2007. 

L'altra nota dolente, per chi ha a cuore la salute e l'aria che respiriamo, è il ricorso agli inceneritori. Il quantitativo di rifiuti urbani e di CDR avviati ad incenerimento, nel 2009,  risulta pari a circa 4,6 milioni di tonnellate con un incremento dell’11%. Il rapporto con le quantità prodotte aumenta dal 12,7% nel 2008 al 14,3% nel 2009. Nel 2009 il numero di impianti di incenerimento operativi sul territorio nazionale rimane tuttavia invariato e pari a 49 unità. La maggior parte degli impianti è ubicata al Nord Italia (57%) e, in particolare, nelle regioni Lombardia ed Emilia Romagna con, rispettivamente 13 e 8 impianti operativi. Nel Centro operano 13 impianti, di cui 8 in Toscana, 4 nel Lazio ed 1 nelle Marche. Gli altri 7 impianti sono localizzati in Campania (1), Puglia (1), Basilicata (1), Calabria (1), Sicilia (1) e Sardegna (2).  
Nel 2009, i rifiuti complessivamente inviati ad incenerimento negli impianti autorizzati al trattamento di RU e CDR, ammontano ad oltre 5 milioni di tonnellate, di cui 2,8 milioni di RU indifferenziati, circa 978 mila tonnellate di frazione secca da trattamento meccanico biologico, 799 mila tonnellate di CDR, oltre 400 mila tonnellate di altri rifiuti speciali e circa 34 mila tonnellate di rifiuti sanitari. 
[Tratto dal sito di aam Terra Nuova]
Fonte: ISPRA

lunedì 25 luglio 2011

Il fallimento dell'agricoltura Italiana: chi lavora la terra non campa.

[Tratto dalla rivista Altreconomia]  Lo abbiamo scritto a gennaio 2011, e la conferma l'abbiamo oggi che escono i dati provvisori del sesto censimento generale dell'agricoltura italiana realizzato dall'Istat. Ciò che è accaduto tra il 2001 ed il 2011 lo riassume l'Aiab in un comunicato stampa: “Il quadro che emerge dai dati provvisori del 6° Censimento generale dell’agricoltura fotografa tendenze da tempo in atto nel settore, ma stupisce per la loro entità e ci restituisce un'istantanea dell'agricoltura italiana a dir poco preoccupante. Siamo di fronte a una pesante perdita della superficie agricola utilizzata pari a 300 mila ettari, a una perdita di superficie aziendale totale di un milione e mezzo di ettari, nonché in presenza di una gravissima perdita del numero delle aziende, che negli ultimi dieci anni si sono ridotte di circa un terzo (-32,2%). Numeri che non denunciano solo una radicale ristrutturazione del settore primario, ma che puntano il dito verso un vero e proprio abbandono delle zone rurali, verso una erosione di terre fertili per un mal concepito uso del suolo e, soprattutto, verso una politica incapace di investire nell'agricoltura e nella preziosa opera di presidio del territorio che le aziende agricole offrono alla collettività. Sul fronte dell'abbandono del territorio la situazione è particolarmente grave in regioni come la Liguria, la Valle d'Aosta e il Friuli Venezia Giulia – caratterizzate da una grande vulnerabilità idrogeologica, dove la presenza di tessuto agricolo è fondamentale - che negli ultimi dieci anni hanno visto rispettivamente una contrazione delle aziende del 46,1; del 41,2 e del 33%.”. 
Per Il Sole 24 Ore, però, il censimento Istat spiega altro: "L'impresa agricola diventa più imprese". Si risolverebbe, cioè, "il problema endemico dell'agricoltura italiana", che sarebbe quello "delle dimensioni delle imprese". È la spinta della globalizzazione ad aver portato "il 50% di quelle con meno di un ettaro a chiudere i battenti", mentre "la superficie media delle imprese è passata da 5,5 a 8 ettari".

Vedasi anche sullo stesso argomento questo articolo sempre della rivista Altreconomia al seguente link:

lunedì 18 luglio 2011

ACQUA- Lettera del comitato referendario ai sindaci del Pinerolese - Adempimenti post referendum

Giovedì 14 luglio l’Ufficio centrale dei referendum presso la Corte di Cassazione ha proclamato ufficialmente la vittoria dei Sì ai referendum nazionali tenutisi il 12 e 13 giugno. I due quesiti sull'acqua sono quelli che hanno registrato il più alto numero di votanti, (27.689.455 il primo, 27.690.714 il secondo) e il maggior numero di Sì (25.931.531 il primo, 26.127.814 il secondo).
Il quorum, che la stragrande maggioranza degli “addetti ai lavori” riteneva un traguardo impossibile, è stato non solo raggiunto, ma ampiamente superato: il dato finale a livello nazionale è stato del 57% del corpo elettorale. Va sottolineato che i Sì all’interno dei votanti sono stati il 93,65% per il primo quesito e il 93,75% per il secondo.: Nessun governo ha mai avuto una base elettorale così ampia e questa è la prova più lampante di quanto la battaglia per l’acqua pubblica sia stata trasversale agli schieramenti politici. Oggi i numeri ci dicono che la maggioranza assoluta degli italiani vuole il servizio idrico in mani esclusivamente pubbliche e vuole che nessuno possa fare profitto sull’acqua. L’acqua da in Italia è insomma un diritto e non una merce.
Non si tratta di un orientamento o di una espressione di volontà, ma piuttosto di una decisione ben  precisa del corpo elettorale nazionale, rispetto alla quale il sistema politico ha il compito non di dare interpretazioni, ma attuazione, a partire dalle sedi più direttamente coinvolte.
Il servizio idrico andrà gestito esclusivamente tramite aziende di diritto pubblico e lo Stato dovrà (e potrà, di conseguenza) tornare a coprire una parte dei costi, oltre che riprendere a concedere alle amministrazioni pubbliche i finanziamenti necessari alle opere principali. A voi è affidato il compito essenziale di difendere il voto dei cittadini in tutte le sedi istituzionali, dai consigli comunali e provinciale, alla conferenza dei sindaci, all’ufficio d’ambito.
In particolare il secondo quesito, relativo alla remunerazione del capitale, non ha bisogno (giuridicamente parlando) di un ulteriore provvedimento di legge, esso è infatti “autoapplicativo”.
Significa che qualunque cittadino da oggi in poi potrà richiederne l’applicazione immediata e mettere in mora il soggetto che si rifiuterà di ottemperare a tale obbligo. Si apre dunque davanti a noi tutti uno scenario totalmente nuovo, entro il quale è bene che si lavori uniti per ottenere che il governo e il parlamento agiscano coerentemente a questi assunti e dall’altra per dimostrare ai cittadini che l’espressione della loro volontà ha lo spazio e il peso che la Costituzione ad essa attribuisce. Un ottimo punto di partenza sarà senza dubbio la Legge di Iniziativa Popolare che i movimenti per l’acqua hanno presentato in parlamento ormai quattro anni or sono.
Il Comitato pinerolese per l’acqua pubblica, bene comune vigilerà sulla piena applicazione dei dettati referendari e collaboreranno a costruire il successivo percorso di pubblicizzazione, potendo contare anche sull’apporto tecnico e giuridico del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua.
Nei prossimi giorni vi invieremo materiale di approfondimento ed inizieremo a delineare proposte di percorsi verso la piena pubblicizzazione del servizio in termini pratici ed effettivi. Come abbiamo sempre ripetuto infatti una azienda di diritto pubblico è strumento necessario, ma non di per sé sufficiente ad assicurare una buona e corretta gestione di un servizio: occorre che tale azienda sia strutturata in modo da assicurare da una parte piena trasparenza e dall’altra piena partecipazione a lavoratori e utenti del servizio idrico integrato.
Comitato pinerolese 2 Sì per l'acqua pubblica bene comune.

sabato 16 luglio 2011

“Le api muoiono”. Sciopero della fame contro i pesticidi neonicotinoidi

Marisa Valente e Renato Bologna hanno iniziato uno sciopero della fame e un presidio contro i neonicotinoidi a Torino, dal 4 luglio, davanti alla Regione Piemonte in C.so Stati Uniti. Un gesto - forte ed estremo - per portare l'attenzione di tutti su un tema che tocca la sopravvivenza del nostro sistema di vita sul pianeta. A Marisa e Renato il nostro abbraccio e la piena solidarietà. Invitiamo tutti  i lettori di questo blog a sottoscrivere l'appello sul sito  www.rfb.it/bastaveleni
"... Nel 2004 non siamo più riusciti a far passare l'inverno alle famiglie tanto erano spopolate, al punto da essere costretti a riacquistarne una sessantina, complete sui 10 favi per poter affrontare la stagione apistica 2005 e reintegrare l'apiario. Quest'anno ci ritroviamo in una situazione ancora peggiore: abbiamo potuto constatare che nel periodo luglio-agosto il calo è stato drastico, dell'80%, e stiamo procedendo a riunioni esasperate per tentare di salvare almeno qualche vecchio ceppo di api più resistenti alla varroa...".
Con questa lettera, il 7 settembre 2005, denunciavamo per la prima volta, ai vari amministratori della nostra regione, la situazione critica della nostra attività. Siamo arrivati al 2011 e nulla è cambiato. Ogni anno lo stesso problema in quanto la nostra azienda è situata in una delle più rinomate zone di coltivazione della vite dell'astigiano, ai margini del Parco Naturale di Rocchetta Tanaro. La moria delle api causata dai trattamenti "obbligatori" per la flavescenza dorata delle viti, trattamenti che tra l'altro non hanno ancora risolto il problema.
Pesticidi a base di neonicotinoidi che irrorati anche una sola volta sono letali per le api. E questo è conclamato: infatti tali prodotti erano utilizzati anche per la concia delle sementi del mais e sono stati vietati già da qualche anno.
Ad oggi più di 50 prodotti diversi a base di neonicotinoidi sono stati iscritti nel registro del Ministero della Sanità (molti sono autorizzati addirittura per la "lotta integrata") per l'impiego sulle principali colture ortofrutticole, (pomodoro, melanzana, peperone, cetriolo, zucchino, melone, cocomero, cavolo a infiorescenza, a foglia, a testa, cavolo rapa, cardo, prezzemolo, basilico, rosmarino, cerfoglio, erba cipollina, lattughe e altre insalate, fagiolo, fagiolino, pisello, porro, cipolla, carciofo, fragola, patata, frumento, orzo, erba medica, tabacco, olivo, melo, pero, pesco, susino, ciliegio, mandorlo, albicocco, arancio, clementino, mandarino, limone, pompelmo, vite), per la floricoltura e per altri impieghi collaterali (antitarme, moschicidi, antipulci), senza minimamente preoccuparsi della loro grave tossicità anche a dosi subletali sugli insetti come le api. Un fatto gravissimo in quanto importanti studi scientifici ne hanno già provato la tossicità sia a livelli acuti che cronici a dosi bassissime.
Per la cronaca le api contribuiscono in maniera determinante all'impollinazione di oltre 225.000 specie vegetali, il 70% di quelle di interesse agricolo, il 90 % dei fruttiferi, ortaggi, ecc.
La perdita delle api non colpisce solo direttamente gli interessi degli apicoltori, ma sono il segnale di allarme per un danno ambientale dalle conseguenze inimmaginabili, come bene illustra il tossicologo olandese Tennekes nel suo ultimo lavoro: The systemic insecticides: A disaster in the making (Gli insetticidi sistemici: un disastro in preparazione).
Nel nostro piccolo le conseguenze per la nostra azienda sono enormi: produciamo prodotti per apiterapia, pappa reale, embrioni di regina, pandapi, polline, miele in favo e dalle analisi condotte (dall'ASL e da un laboratorio privato) abbiamo la prova che la perdita di popolazione di api e la perdita di capacità di autodifesa delle api restanti, sono causate dai neonicotinoidi. A questo si aggiunge la scoperta della contaminazione di alcuni prodotti dell'alveare con questi insetticidi.
Questo è inaccettabile per noi, non ce la sentiamo di nascondere il problema e tacere di fronte all'evidenza. Se non cambiano le regole di impiego di questi insetticidi rapidamente dovremo chiudere l'azienda con la perdita certa dei nostri beni dati in garanzia per il mutuo non più onorato a causa del calo delle entrate. E  chiuderemmo con un portafoglio di ordini che ci consentirebbe di far fronte a ogni impegno creando anche occasioni di lavoro.
Per questa ragione abbiamo deciso di esporci ed attivarci personalmente, a sostegno anche del lavoro svolto da Francesco Panella presidente dell'Unione Nazionale Associazioni Apicoltori Italiani (UNAAPI), che da anni si batte per lo stesso problema, a livello regionale, nazionale ed europeo.
Inizieremo quindi uno sciopero della fame il 4 di luglio 2011, con un presidio ad oltranza a Torino, davanti alla Regione Piemonte in C.so Stati Uniti, fintanto che le autorità non sottoscriveranno serie garanzie per ritirare dal mercato gli insetticidi in questione.
Per ulteriori info, sul sito internet www.rfb.it/bastaveleni pubblicheremo in "diretta" gli aggiornamenti. Appello:
L'autorizzazione all'uso dei neonicotinoidi deve essere definitivamente revocata, per tutti gli impieghi, non solo quelli destinati alla concia del mais !
In qualsiasi periodo vengano utilizzati, sotto qualsiasi forma, questi insetticidi sistemici restano nella linfa della pianta e le api hanno infinite possibilità di entrarne in contatto: attraverso nettare, polline e l'essudazione della pianta, per melata, guttazione o rugiada. Dobbiamo riuscire a far revocare almeno questi neonicotinoidi già registrati, oltre ad impedirne le nuove registrazioni. La nuova normativa peraltro lo esigerebbe, ma non si sa quando verrà applicata davvero.
Chiediamo al Presidente della Regione Piemonte, l'avv. Roberto Cota, di applicare il diritto a salvaguardare un patrimonio locale come l'apicoltura vietando l'impiego dei questi insetticidi sistemici, appellandosi al principio di precauzione, per la salvaguardia dell'ambiente, del patrimonio degli insetti pronubi impollinatori, come le api ed anche della salute umana: a questo riguardo ci sono evidenze scientifiche che confermano che anche i mammiferi subiscono danni dall'ingestione cronica di piccolissime dosi. Auspichiamo che si faccia promotore presso la Conferenza Stato Regioni di questa necessità affinchè la revoca sia su tutto il territorio nazionale, oltre che presso la Comunità Europea.
Ci sono tutti gli strumenti legislativi per farlo immediatamente. Abbiamo deciso di sacrificare il nostro lavoro per iniziare lo sciopero della fame poichè non abbiamo più alternative: proseguire a lavorare vedendo le api soccombere in preda agli spasmi dovuti all'intossicazione dal veleno, sapendo che questo è entrato nell'alveare e contaminerà il prodotto, non è più possibile per noi. Da qualche anno non siamo più in grado di evadere gli
ordinativi e rischiamo di chiudere. L'alternativa è di smettere di lavorare nel luogo che fu un paradiso per le api, ricco di biodiversità, svendere la nostra proprietà (chi compra dove neanche le api sopravvivono?) ed emigrare in un posto dove si possa lavorare.
Tutto questo ci sembra profondamente ingiusto e non riusciamo a comprendere come possano essere più importanti gli interessi di chi produce questi prodotti (esistono molte alternative) rispetto agli interessi di chi promuove la salvaguardia dell'ambiente e della salute di coloro che vivono sul territorio.
Abbiamo deciso di dire basta e tentare questa ultima carta.
Ci rivolgiamo a tutte le persone che hanno a cuore la natura, che desiderano salvare le api, che desiderano cambiare questo modello di sviluppo basato solo sul profitto immediato, senza nessuna attenzione ai danni provocati all'ambiente e alla salute, a coloro che desiderano una agricoltura che produca cibi sani anzichè spazzatura tossica. Aiutateci a raggiungere l'obiettivo di questa battaglia.
Sul sito www.rfb.it/bastaveleni troverete le informazioni sull'argomento: agite in autonomia, aprite presidi, volantinate, diffondete via internet. Sarà un sogno riuscirci, ma a volte i sogni si avverano!
Ci serve anche un aiuto finanziario e chi volesse sostenerci così può utilizzare un semplice bollettino di Conto Corrente Postale versando sul conto n. 1000095776 intestato ad Amici della Fattoria.
Ringraziamo sin d'ora tutti coloro che almeno faranno girare questo appello.

mercoledì 6 luglio 2011

SALVA LA PATAGONIA CON UN CLICK!

Manda una mail all’Amministratore Delegato dell’ENEL Fulvio Conti chiedendo che l’ENEL si ritiri dal progetto HidroAysen nella Patagonia cilena!

La campagna è promossa da Ass. Aktivamente, ASAL, A Sud, Campagna per la riforma della Banca mondiale, Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali, CEVI, Comitato Italiano per il Contratto Mondiale sull’Acqua, Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, Ass. No. Di, Servizio Civile Internazionale, che hanno raccolto l’appello rivoltogli dalle 70 organizzazioni cilene che compongono la coalizione internazionale del Consiglio per la Difesa della Patagonia.

I promotori scivono sul loro sito:
In un momento storico in cui i conflitti relativi all’uso delle risorse idriche sono sempre più frequenti e l’assemblea delle Nazioni Unite decreta a larga maggioranza che l’acqua è un diritto umano essenziale, appare evidente il valore simbolico e politico della difesa della Patagonia. 
La Campagna Patagonia senza Dighe, accogliendo e rilanciando in Italia l’appello del Consiglio per la Difesa della Patagonia e la campagna cilena “Patagonia sin Represas” intende promuovere una mobilitazione diffusa con questi obiettivi:
  • Fermare il progetto HidroAysèn
  • Sostenere i movimenti cileni che si battono per restituire ai cittadini i diritti all’uso dell’acqua sottratti durante la dittatura
  • Ottenere da parte dell’ENEL e delle sue controllate il pieno rispetto delle raccomandazioni della Commissione Mondiale sulle Dighe.
  • Impegnare il governo italiano a vigilare sugli impatti ambientali e sociali dei progetti dell’ENEL.
Gli interessi politici ed economici che guidano il progetto sono enormi e la sproporzione di forze e mezzi è come sempre impari. Ma la storia insegna che fermare le grandi dighe è possibile grazie all’alleanza internazionale delle comunità, dei movimenti, delle associazioni, di tutta la società civile e ad un lavoro continuativo ed ostinato.
Questa campagna vuole far riflettere su quale modello di sviluppo vogliamo, e mette in discussione radicalmente il modello insostenibile di consumare e produrre che si scontra sempre più con i limiti del pianeta, provocando danni su vasta scala.
La campagna vuole ribadire ancora una volta che le risorse naturali sono beni comuni e che la loro gestione deve coinvolgere le popolazioni e le comunità locali e non può essere demandata a quei soggetti che hanno il profitto privato come fine ultimo.
In Italia, come in Patagonia.

P.S.
Alleghiamo qui un video in cui il Vescovo Luigi Infante della Mora, che abbiamo potuto acoltare di recente a Pinerolo, spiega la battaglia per l'acqua che si tiene in questa regione.




lunedì 4 luglio 2011

Conclusioni Convegno Gas 2011 l'Aquila

Si è concluso a L'Aquila l'incontro nazionale dei Gruppi di Acquisto Solidale. Grazie alla perfetta organizzazione della rete di economia solidale dell'Abruzzo (RES Abruzzo). E' stato un incontro molto intenso e partecipato ottimamente organizzato dalla rete abruzzese. Ecco il piano di lavoro condiviso dai gruppi tematici: “Trovare con delicatezza una direzione comune”.
I partecipanti all’assemblea GAS DES 2011 convengono una agenda operativa da realizzare nei prossimi 12 mesi e propongono di affidare al Tavolo RES l’accompagnamento del processo, verso la prossima assemblea annuale. L’agenda si compone delle seguenti aree tematiche, frutto dell’elaborazione dei gruppi di lavoro: il contributo del Sud alla crescita delle reti di economia solidale; in rete con il Commercio Equo; la finanza etica al servizio di GAS e DES; l’identità dei GAS alla prova della legge; criteri e strumenti per valutare i produttori di beni non food; criteri e strumenti per valutare proposte e iniziative di “nuova agricoltura”
.1) Il contributo del Sud alla crescita delle reti di economia solidale
Premesse
Nonostante il capitale delle relazioni nel Sud sia forte, c’è la difficoltà a strutturarsi in reti; il numero dei GAS è ridotto e fatica a crescere. È necessario coordinarsi per consolidare i legami. I produttori del Sud sono poco conosciuti: è difficile superare il carico dei pregiudizi. La conoscenza (anche attraverso il turismo sostenibile) ed i Sistemi di Garanzia Partecipata possono costituire una opportunità.
Indicazioni operative
Incontro a settembre in Basilicata per conoscersi, sviluppare una strategia comune (anche produttiva, relazionandosi con le reti del Nord) e pianificare una edizione del corso di formazione per animatori di reti al Sud.
Attivarsi per creare non solo relazioni Sud-Nord, ma anche reti e progetti Sud-Sud per costruire filiere territoriali “chiuse” e rapporti di mutualità tra i diversi territori.
2) In rete con il Commercio Equo
Premesse. Limitata conoscenza del Commercio Equo da parte dei GAS e criticità nel rapporto tra GAS e Botteghe. Le pratiche funzionanti hanno evidenziato i seguenti elementi:
alleanza ex ante sul progetto, che favorisce il sostegno economico e progettuale;
progetti internazionali, ma con ricaduta locale.
Indicazioni operative
Le Botteghe potrebbero fungere da luoghi di collaborazione operativa ed attivazione culturale sul territorio anche per i GAS.
Favorire l’incontro continuativo tra GAS e Botteghe per l’elaborazione di progetti comuni.
Possibili sinergie concrete:
progetti nella filiera della lana;
ampliare la vendita dei prodotti sfusi;
coinvolgere maggiormente i GAS (come “rete nazionale”) nelle campagne del Commercio Equo;
partecipare a momenti di incontro promossi/organizzati dal movimento del Commercio Equo.
3) La finanza etica al servizio di GAS e DES
Premesse
Molta resistenza nei GAS e nei DES ad assumere pratiche di finanza etica, anche per la complessità del tema ed un “immaginario negativo” nei confronti del tema del denaro.
Indicazioni operative
I GAS devono acquisire maggiore coscienza rispetto al tema: è necessario fare un investimento culturale (formazione e informazione sulle proposte della finanza etica) e lavorare sulla comunicazione (mailing list, Internet).
Gli operatori della finanza etica intendono articolare proposte specifiche per il contesto dei GAS.
Nel medio periodo si vuole promuovere la costituzione di tavoli regionali dedicati alla finanza etica (in Lombardia ed in Emilia esistono già) che abbiano come riferimento privilegiato i DES.
Il gruppo intende inoltre esplorare la creazione di nuovi strumenti finanziari a disposizione dello sviluppo dei progetti dei DES (es. “fondo di solidarietà”) e l’accesso a bandi e fondi dell’UE (in particolare in connessione con il gruppo di lavoro “nuova agricoltura”).
4) L’identità dei GAS alla prova della legge
Premesse
Il gruppo esprime un giudizio positivo sull’intervento contenuto nella Finanziaria del 2008 che ha sottratto i GAS all’incertezza normativa ed alla possibilità di sanzioni amministrative.
Il gruppo di lavoro ha invece espresso un giudizio negativo sull’attuale “frenesia legislativa” regionale (sull’esempio della legge regionale umbra e relativi copia incolla effettuati a altre regioni come Lombardia, Emilia Romagna, Marche) che non ha previsto la partecipazione attiva né la consultazione del mondo GAS.
Indicazioni operative
Non si sente l’esigenza di una ulteriore definizione normativa dei GAS: tuttavia i GAS esprimono la volontà di essere interlocutori, insieme agli altri soggetti dell’economia solidale, nel caso di attivazione da parte del legislatore.
l Gruppo di lavoro ritiene strategico per il movimento dell’economia solidale un confronto con le istituzioni per garantire spazi di discussione e lavoro, anche per elaborare norme adeguate (sull’esempio del positivo rapporto avviato in Liguria).
A livello operativo si è deciso di elaborare un documento unitario come Rete Nazionale GAS da indirizzare ai Presidenti delle varie Regioni per proporsi come soggetti di interlocuzione.
5) Criteri e strumenti per valutare i produttori di beni non food
Premesse
La conoscenza da parte dei consumatori della filiera di prodotti non agro-alimentari è estremamente limitata; questo deriva dalla complessità insita nei processi produttivi di tipo industriale, semiindustriale e artigianale.
In genere i produttori hanno una scarsa conoscenza delle aspettative del mondo dei GAS e del loro portato culturale, che fonda la scelta dei prodotti sulla conoscenza diretta e approfondita dei produttori per definire la qualità di un prodotto “solidale” (es. tracciabilità, trasparenza, valori ambientali e sociali, diritti del lavoro, rapporto con il territorio locale, ecc.).
Il percorso storico del consumo critico e l’analisi sviluppata dalle campagne di pressione sulle imprese degli ultimi trent’anni non sono patrimonio storico e di riferimento per l’azione dei GAS, nati originariamente proprio nel contesto dell’azione politica delle prime campagne di boicottaggio.
La frammentarietà del mercato solidale e dell’organizzazione tra i GAS non facilita livelli di comunicazione adeguata tra domanda e offerta.
Indicazioni operative
Avviare un gruppo di lavoro permanente composto sia da produttori che da consumatori, che adotti modalità di lavoro efficaci ma sostenibili. Gli obiettivi di medio periodo sono:
favorire processi di reciproca conoscenza e apprendimento, al di là di pregiudizi ideologici;
individuare le competenze mancanti ed i bisogni formativi;
stabilire criteri condivisi di valutazione etica ed eco-compatibile delle filiere.
Nel lungo periodo sarebbe interessante trovare risorse e strumenti per accompagnare processi di transizione dei processi produttivi manifatturieri nella direzione di costruire esperienze di economia solidale.
Sarà altresì probabilmente necessario circoscrivere il campo d’azione: la definizione “non agroalimentare”
è troppo ampia.
6) Criteri e strumenti per valutare proposte e iniziative di “nuova agricoltura”
Premesse
Si riprende la riflessione avviata nella scorsa Assemblea GAS DES di Osnago (giugno 2010) su quattro argomenti:
trasformazione sistemi di produzione: agricoltura come elemento di cambiamento territoriale;
dal “consumo critico” al “consumo politico”: verso la sovranità alimentare, evidenziando la potenzialità trasformativa delle pratiche;
Sistemi di Garanzia Partecipata;
Campagna popolare per una legge che riconosca l’agricoltura contadina.
Si richiama la profonda asimmetria nel quadro delle conoscenze tra GAS e agricoltori: è necessario lavorare sulla formazione e l’apprendimento collettivo, costruire il “sapere per scegliere”.
Indicazioni operative
Stimolare la costituzione di reti regionali, invitando GAS e DES ad incontrare i rappresentanti territoriali delle reti contadine (AIAB, ARI, ASCI, Civiltà contadina, ecc.).
Invito a mantenere una visione complessiva della rete e delle tematiche: i Sistemi di Garanzia Partecipata e la Campagna per l’agricoltura contadina non rappresentano dei fini, ma strumenti per una trasformazione territoriale e comunitaria sostenibile.
Attenzione agli appuntamenti in sede europea, di particolare rilevanza per la tematica agricola: quando non è possibile partecipare, attivarsi per raccogliere le informazioni.
Aderire alla Rete Semi Rurali: è strategico sviluppare progetti territoriali sul tema delle sementi all’interno dei DES.
Incontrarsi tra 6 mesi per verificare lo stato di avanzamento.
L’Aquila, mattina di domenica 26 giugno