Si
torna a parlare in questo ultimo periodo di nuovi impianti
idroelettrici nelle valli del pinerolese. In particolare sono stati
riproposti due progetti, il primo da Enel Green Power in Val
Germanasca, nel tratto di valle tra la Gianna e Trossieri, il secondo
da Idroval s.r.l. sul Chisone nel tratto da Villar Perosa a Porte.
In
entrambi i casi nella motivazione addotta dai proponenti l’elemento fondamentale è costituito (oltre che dal taciuto ma
legittimo e significativo guadagno derivante al produttore), dal
richiamo alla politica sia europea che regionale di incentivazione
delle energie da fonti rinnovabili, dalla necessità di riduzione
del debito elettrico piemontese e delle emissioni prodotte dalle
centrali tradizionali a combustibili fossili.
Come
ambientalisti concordiamo in pieno sulla necessità di aumentare
l’energia prodotta da fonti rinnovabili e diminuire l’uso dei
combustibili fossili, né è abitudine di Legambiente opporsi sempre
e comunque a qualsiasi impianto. Tuttavia va ribadito che anche in
questo settore va attentamente valutato, caso per caso, il rapporto
tra beneficio ottenuto (energia prodotta senza utilizzo di fonti
fossili) e possibili ricadute negative degli impianti sul territorio
o sul bilancio energetico complessivo. Così va benissimo il
fotovoltaico sui tetti o sui capannoni , magari in sostituzione delle
coperture in eternit, ma va male messo su terreni agricoli di pregio,
estirpando grano o viti, vanno bene gli impianti a biomasse
alimentati da deiezioni o scarti di legno di provenienza locale,
vanno male quelli che funzionerebbero con legno importato dalla
Slovenia e così via. Energia rinnovabile positiva dunque ma non come
valore assoluto, indipendente da una valutazione puntuale degli
impatti.
Allo
stesso modo l’ energia idroelettrica è stata finora una
componente essenziale delle rinnovabili nel nostro paese, l’unica
fortemente sviluppata da molto tempo. Ma appunto per questo i nostri
fiumi e torrenti sono già stati abbondantemente “sfruttati” e
anche a livello internazionale si è evidenziato come in area alpina
una percentuale molto bassa di corsi d’acqua abbia ormai
accettabili condizioni di naturalità e sia quindi necessario
adottare politiche di tutela rigorosa dei pochi torrenti residui.
Lo
stesso indirizzo di salvaguardia è
contenuto
nella
direttiva 2000/60/CE che
sta alla base sia della legislazione nazionale sia di quella
regionale (come il PTA della Regione Piemonte).
Per
questo i due progetti ci preoccupano.
In
particolare in Val Germanasca già il torrente è sfruttato per
una lunghezza di 9 km. ed è in fase di realizzazione un ulteriore
impianto nel comune di Prali. Con le nuove opere in progetto (sono
interessati il Germanasca, il Germanasca di Massello, il Rio Balma e
il Rio Crosetto) la lunghezza dei torrenti interessati diventerebbe
di oltre 24 km, con diversi prelievi ad una altitudine superiore ai
mille metri.
Si
tratta di un intervento complesso che prevede opere di presa, scavo
di una galleria di derivazione di 8.088 metri in cui far correre
una portata massima di 10 metri cubi d’acqua al secondo, un “salto”
in condotta forzata di oltre 700 metri , una nuova centrale a
Trossieri. Lavori imponenti, con ingenti e pesanti materiali di
scavo da trasportare, alterazioni dell’ alveo attuale, il tutto in
un territorio molto fragile dal punto di vista idrogeologico, esposto
a costanti rischi di frane.
Una
diminuzione dell’ acqua presente nei torrenti ne comprometti
inoltre le capacità di “autodepurazione”
Infine
anche qui, come nel progetto sul Chisone, che pure comporta
significativi interventi in una zona a rischio grave di dissesto
idrogeologico, l’impatto più grave è quello della sottrazione di
acqua, per un lungo tratto, a torrenti che hanno già per loro natura
una portata limitata. Ovviamente tutti i progetti prevedono il
rilascio del DMV (deflusso minimo vitale) ma il termine stesso ci fa
capire , al di là del problema del controllo, come questa misura
garantisca al più la “sopravvivenza” biologica di un torrente,
non certo la sua piena vitalità (oltre che la sua bellezza). Una
diminuzione dell’ acqua presente nei torrenti ne comprometti
inoltre le capacità di “autodepurazione” rispetto a possibili
inquinanti derivanti da depuratori mal funzionanti o altre attività.
Va
infine ricordato che anche sotto l’aspetto economico, mentre le
attività manifatturiere che erano cresciute proprio utilizzando l’
energia idroelettrica oggi non segnano alcun incremento, la
possibilità che la montagna resti viva ed abitata è sempre più
legato ad un possibile sviluppo delle attività legate ad un turismo
responsabile, sensibile agli elementi di interesse storico/culturali
presenti in valle ed alla persistenza di un paesaggio naturale di
grande suggestione. La tutela degli elementi di questo paesaggio, e
tra questi sicuramente i corsi d’acqua, ha dunque una valenza non
solo ideale, di conservazione del bene comune per le future
generazioni, ma anche una possibile e concreta ricaduta economica
positiva per le attività presenti.
Comprendiamo
bene come beneficio economico che i Comuni interessati ricaverebbero
dal canone versato dal produttore di energia e dall’ IMU sugli
edifici costruiti sia un elemento che, in questi anni di scarse
risorse per gli enti locali, rischia di avere un peso rilevante nella
valutazione degli amministratori. Occorre tuttavia ricordare come il
canone rappresenti una quota minima dei profitti ricavati dai
privati mentre l’impatto derivante a tutta la collettività dalla
cessione dell’ acqua ha costi non immediatamente quantificabili,
come spesso nel caso di danni ambientali, ma sicuramente rilevanti.
Manomettere l’ambiente, cedere i beni comuni (acqua, suolo fertile,
ecosistema di qualità) in cambio di entrate economiche immediate è
stata purtroppo la logica che ha presieduto a decenni di edificazione
selvaggia e cementificazione nel nostro paese, con i terribili
risultati e danni che registriamo ad ogni evento meteorologico
“straordinario”. E’ uno scambio (o un ricatto) non più
accettabile, anche in termini di costi per la collettività.
I
cambiamenti climatici ormai accertati, l’alternanza di fasi di
siccità e acquazzoni “tropicali” , l’imprevedibilità di
frane e alluvioni, ci hanno resi consapevoli di vivere in un
territorio reso ancora più fragile dalla intensità delle
modificazioni che noi vi abbiamo apportato. Una economia sostenibile
deve essere basata sia sul rispetto dei vincoli ambientali che sulla
manutenzione del nostro territorio (pensiamo a quanto lavoro darebbe
una corretta gestione dei boschi o l’attività edilizia di
riqualificazione energetica degli edifici).
Per
questi motivi riteniamo che i nuovi progetti di sfruttamento a fini
energetici dei torrenti della Val Chisone e Germanasca non siano
accettabili e che una ulteriore espansione della produzione da
idroelettrico possa semmai legarsi ad una revisione e ottimizzazione
degli impianti esistenti, non a nuove captazioni.
Pinerolo
12/07/2012
Circolo Legambiente Pinerolo
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