martedì 24 gennaio 2012

Sacchetti di plastica

[Articolo di Paola Marciani pubblicato su La Sesia martedì 10 gennaio 2012] Il Governo è cambiato ma a Palazzo continuano a succedere cose "strane". Il 23 dicembre il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto "milleproroghe" che conteneva, tra le altre, la normativa che fissava le caratteristiche dei nuovi sacchetti di plastica biodegradabili al 100% (una regolamentazione che deve essere introdotta dall’1 gennaio 2011 e che il precedente governo ha continuato a procrastinare).
Nella versione del decreto arrivata al Quirinale per la firma del Presidente, però, la norma sui sacchetti non c’è più. I ministri hanno dichiarato di non saperne nulla, una dichiarazione per lo meno inquietante: chi ha messo mano al decreto all’insaputa del Consiglio dei Ministri? 
Sta di fatto che fino a quando il governo non troverà il modo, e il tempo, per “rimediare” con provvedimenti ad hoc, il vuoto normativo consentirà di tenere in circolazione sacchetti di plastica non biodegradabili, nessuna discontinuità,  quindi, con il precedente governo in materia. Cerchiamo di capire di cosa si tratta.
Le borse di plastica (quelle che vengono usate per la spesa e che troppi abbandonano ovunque magari piene di immondizia) dovrebbero essere sostituite da quelle fabbricate con materiale biodegradabile al 100% ma, attualmente, sono ancora in circolazione sia i vecchi sacchetti sia altri che sono spacciati per biodegradabili ma che in realtà si sbriciolano in piccoli pezzetti ma biodegradabili non sono. Solo alcune catene di distribuzione e negozi hanno volontariamente introdotto sacchetti biodegradabili al 100%.
La necessità di eliminare le borse della spesa non biodegradabili deriva dal fatto che sono tra i maggiori componenti della plastica dispersa nell’ambiente. Gli effetti sono molteplici e qui vorrei portare all’attenzione un aspetto poco noto. Sottoposta agli agenti ambientali, la plastica si frantuma in granuli sempre più piccoli. Questo processo favorisce sia il rilascio di sostanze tossiche contenute nella plastica sia l’assorbimento, nei granuli, d’inquinanti che si trovano nell’ambiente. Il problema è importante perché, in quella forma, la plastica può entrare nella catena alimentare.
Tutti hanno sentito parlare di tartarughe e mammiferi marini morti dopo aver ingerito sacchetti di plastica, meno noto è che i pesci confondono i microgranuli di plastica con il plancton di cui si nutrono, li mangiano e s’intossicano con le sostanze in essi contenute. La comunità scientifica ha lanciato numerosi sulla pericolosità del fenomeno che interessa tutta la catena alimentare, uomo compreso. Tra le conseguenze vorrei citare l’infertilità maschile, causata da sostanze che interferiscono con il sistema endocrino, dimostrata in popolazioni di pesci predatori e citata in studi sull’uomo come effetto dell’inquinamento derivante dall’uso di certe plastiche.
Non si tratta solo di mari lontani, ma anche del Mediterraneo, dove uno studio in corso in questi anni ha già dimostrato un’elevatissima concentrazione di frammenti di plastica particolarmente rilevante (a causa del gioco delle correnti) tra Corsica e isola d’Elba, insomma, a casa nostra.
Non basta. Il regalo di fine d’anno fatto all'industria petrolifera dall’ignoto manipolatore di decreti costituisce anche un danno a un settore industriale di avanguardia, quello delle bioplastiche.
A Terni, in Umbria, si sta sviluppando un polo industriale per la produzione di bioplastiche, il marchio Mater-Bi ®, biodegradabili al 100% prodotte prevalentemente con materie prime rinnovabili e con tecnologie a basso impatto ambientale, un’industria italiana che ha ottenuto riconoscimenti internazionali e che dovrebbe essere sostenuta e non ostacolata da interessi fin troppo facilmente individuabili.
Continuare a non favorire attività industriali rispettose per l’ambiente non è solo dannoso per la salute ma anche per la nostra economia e questo il prof. Monti dovrebbe saperlo.
[Tratto dal sito del gas di Vercelli]

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