Il
Comitato Acqua Pubblica di Torino e Provincia torna a chiedere una firma ai cittadini,
ripercorrendo la strada che nel 2010 ha portato, con le delibere
d'iniziativa popolare sottoscritte da 12.000 elettori, a modificare gli
Statuti di Comune e Provincia, inserendo in essi i principi che l'acqua
non è una merce e che la sua gestione deve essere effettuata da entità
pubbliche.
Una firma
per una nuova proposta di delibera che, utilizzando gli strumenti della
democrazia diretta, chieda ai Consigli Comunale e Provinciale di Torino
di far uscire SMAT dalle logiche della gestione privatistica proprie
della sua natura di società per azioni, riportandola nell'alveo del
diritto pubblico con la trasformazione in azienda speciale consortile,
appunto pubblica e partecipata dai cittadini.
E' un'
iniziativa che assume particolare significato, inserita com'è in un
contesto generale che vede la politica italiana a quasi un anno dai
referendum dello scorso giugno, continuare ad ignorare l’esito di quella
straordinaria prova di democrazia e partecipazione popolare, con la
quale gli italiani hanno chiaramente espresso la loro volontà di
liberare la gestione del bene comune acqua dalle logiche del profitto.
I vari
ambiti di governo nazionale e locale continuano a non riconoscere che
con il voto referendario si è espressa una visione della società
alternativa a quella da loro quotidianamente praticata e propagandata,
la quale considera quasi un fatto naturale, non emendabile nè
discutibile, il sottostare alle leggi del mercato.
La campagna
per ripubblicizzare SMAT vuole fornire un forte stimolo al dibattito
politico locale, e favorire la messa in discussione di quell'ideologia
liberista la quale, lungi dall’essere una verità assoluta, è
l'espressione di ben precisi interessi e nel cui nome si stanno
sacrificando, depotenziandole o svendendole ai privati, le attività di
servizio pubblico al cittadino.
La sfida ideale e culturale
che si sta avviando a Torino e Provincia per l'affermazione di nuove
modalità di gestione del servizio idrico costituisce quindi un primo
passo per un'azione di contrasto alle ricette ultraliberiste, che
impongono la (s)vendita dei servizi pubblici quale unica soluzione per
fare cassa e fronteggiare la precaria situazione finanziaria nella
quale si dibattono i Comuni.
La critica agli
strettissimi vincoli alla spesa degli Enti Locali imposti dal Patto di
Stabilità dovrebbe essere il cardine di un’azione politica volta a
ridiscutere il tema della finanza pubblica.
Non
bastano dichiarazioni estemporanee (''Il patto di stabilita' e' stupido”
ha affermato a fine anno il Sindaco Fassino), per denunciare
l’asservimento della finanza pubblica alla volontà dei mercati. Gli
strettissimi vincoli alla spesa imposti dal Patto devono essere con
forza contestati, con un’iniziativa che trovi slancio proprio a livello
locale. Iniziativa che porti al centro del dibattito e della proposta
politica la riappropriazione della Cassa Depositi e Prestiti quale
strumento per sostenere la spesa pubblica locale. CdP è nata con
l’Unità d’Italia per raccogliere il risparmio postale e finanziare, a
tasso agevolato, gli investimenti di Comuni e Province. La sua
trasformazione in Spa ed il susseguente ingresso delle fondazioni
bancarie, stanno indirizzando CdP ad agire sempre più come un fondo
privato d’investimento, distogliendo così progressivamente un enorme
massa di liquidità frutto del risparmio dei cittadini (oltre 200 mld. di
raccolta annui) dal suo scopo originario, cioè il servizio
dell’interesse pubblico.
Ragionare
di una nuova finanza pubblica per i soggetti politici a vario livello
coinvolti, significa anche richiedere con forza l’adozione della Tassa
sulle Transazioni Finanziarie. Una modesta aliquota applicata sugli
enormi volumi di denaro che la grande speculazione muove ogni giorno sui
mercati finanziari, consentirebbe di acquisire risorse fondamentali per
mantenere e sviluppare quei servizi pubblici il cui grado di efficienza
ed efficacia è misura del livello di civiltà ed equa distribuzione
delle risorse che la nostra Costituzione garantisce.
Certo, vi è
la consapevolezza che problemi la cui complessità è direttamente
proporzionale alla loro importanza non vadano affrontati a colpi di
slogan. E' fondamentale l'approfondimento serio e privo di pregiudizi.
Ma è
altrettanto certo che una politica asservita al potere della finanza,
cioè all'interesse di pochi, incapace di affrontare questi temi e di
concepire quindi una visione diversa di società, non può che condurre ad
un progressivo degrado della nostra vita democratica.
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