Pubblichiamo qui uno stralcio del testo letto dal portavoce del Carp (Coordinamento ambientalista rifiuti Piemonte) alla audizione che la conferenza capigruppo del Consiglio comunale di Torino ha avuto con i comitati dell’acqua e dei rifiuti sul tema della privatizzazione dei servizi pubblici. Il Pinerolese potrebbe essere coinvolto da tale volontà di privatizzazione sopratutto per quanto riguarda la società che si occupa dell'inceneritore (TRM S.p.A.) di cui tutti i Comuni del bacino Pinerolese dei rifiuti (Acea) hanno acquistato delle quote azionarie. I comuni con questa privatizzazione potrebbero ritrovasi come socio un privato invece che il comune di Torino. (Ricordiamo che per statuto (art.8) TRM non potrebbe cedere quote a terzi che non siano enti pubblici della Provincia di Torino ma pare che tale vincolo sia stato superato con la recente finanziaria). [Il testo è tatto dal sito di Torino di Rifiuti Zero]
[omissis]
La
Giunta comunale, un organo non elettivo, propone .. o impone …. al
Consiglio Comunale di prendere delle decisioni contrarie, appunto,
all’esito della consultazione referendaria del 12 e 13 giugno scorso,
con ciò espressamente aderendo al “dettato degli articoli 4 e 5 del D.L. 13 agosto 2011 n. 138 convertito in legge 148/2011, la c.d. Manovra di Ferragosto”
e così associandosi alla maggioranza al governo nel tradimento della
volontà popolare. Tradimento che, si evince nella delibera di Giunta, è
commesso in cambio di trenta denari, ossia con la “forte motivazione”
di ottenere i fondi che premieranno gli amministratori che arrivino per
primi a dismettere partecipazioni nelle società esercenti servizi
pubblici locali.
Di
fronte a un tradimento così enorme come quello del voto di 27 milioni
di italiani, passano in secondo piano i tradimenti che i cittadini
torinesi subiranno con l’alienazione di TRM S.p.A. , AMIAT S.p.A. e GTT
in mani private. In
particolare, noi che ci battiamo per una buona gestione dei materiali
post-consumo, i cosiddetti rifiuti, siamo assolutamente contrari agli
impianti che distruggono tali materiali, che essi siano pubblici o
privati. E’ però indubbio che con l’alienazione di TRM S.p.A. a un
privato (anche nel fittizio limite del 40%) i nostri amministratori
rinunciano al controllo sulla gestione dell’inceneritore del Gerbido. E
l’abolizione del principio di non coincidenza del soggetto gestore della
raccolta con quello gestore dello smaltimento, stabilito dalla legge
regionale n. 24 del 2002, rappresenta un’ulteriore perdita di garanzie.
Chi deve gestire raccolta e smaltimento e non solo vuole ma è obbligato,
per sua natura giuridica, a fare profitto, evidentemente favorirà
l’attività che più gli rende (lo smaltimento), indipendentemente dal
fatto che la scelta non corrisponda all’interesse della collettività.
Il
Consiglio Comunale sta dunque per dar corso a una decisione dettata da
pochi, che avrà un impatto fortemente negativo sulla qualità della
vita di tutti nel prossimo futuro. La cessione a FTC è l’anticamera per
la (S)vendita a privati per poi procedere alla completa
finanziarizzazione con l’avvio delle future Holding .Mentre
altri Comuni, come Napoli, stanno studiando come applicare nel modo più
accurato e durevole l’esito referendario, la nostra giunta preme perché
si attui in tutta fretta, a tappe forzate e tempi contingentati, la
Svenditadi aziende che, i cittadini di Torino,
hanno costruito e cresciuto negli ultimi cento anni per avere servizi
che, per la loro rilevanza non già economica ma di servizi essenziali al
benessere della collettività, erano e dovrebbero restare in totale
gestione pubblica.
I
cittadini, anzi, richiedono una gestione partecipata (così prevede, ad
esempio, la legge d’iniziativa popolare per l’acqua bene comune, che
potrebbe costituire un modello anche per la gestione degli altri
servizi), mentre le mega-maxi-multiutility con sedi remote e contatti
tramite call-center si pongono agli antipodi di questa visione. In mezzo
sta la gestione pubblica attuale, che spesso lascia a desiderare
principalmente perché si è già plasmata su modelli privati, anche nella
forma giuridica di società per azioni, con finalità estranee alla
gestione pubblica.
Che
cosa, se non una colpevole volontà politica, uniforme e complice da
destra a sinistra, impedisce di ricordare che, come sosteneva negli anni
Settanta Aldo Pedussia, allora Direttore Amministrativo dell’Azienda
Acquedotto Municipale, scopo delle aziende che forniscono servizi
essenziali è quello di “estendere a sempre più larghi strati popolari i servizi fondamentali […];
di svolgere azione calmieratrice sul mercato come componente
dell’offerta, di far coincidere il più possibile il costo dei servizi
con il prezzo, studiando l’opportunità di far profittare di potenziali e
possibili utili la massa degli utenti popolari (con le basse tariffe);
di essere battistrada dello sviluppo economico (anche a beneficio
dell’iniziativa privata), specie nelle zone depresse”. Ne deriva che “l’utile di esercizio […]
non entra nel fine dell’azienda stessa, perché rivela una possibilità
forse non espletata di riduzione del prezzo o di possibile estensione e
miglioramento sociale del servizio. […] Il criterio
dell’economicità in un’azienda municipalizzata deve fondarsi sulla
stabilizzazione attitudinale a conseguire nel tempo un equilibrio
economico e finanziario che si traduca in pareggio di bilancio e
contemporaneamente consenta di perseguire le finalità che stanno alla
base del servizio”. Eccetera.Non
suonano forse esemplarmente ragionevoli anche oggi queste parole, e
perfettamente compatibili anche con il patto di stabilità (e se non lo
fossero, permetteteci: si tratta forse di un patto con il diavolo, che
impedisce una gestione diretta di risorse collettive?).
Si
può parlare di patto con il diavolo, se il centrosinistra torinese
segue servilmente la manovra finanziaria di un governo privo di
qualsiasi autorevolezza e legittimità, fondato sulla compravendita di
voti di fiducia. A Torino dovremo davvero vedere un voto favorevole compatto di tutti gli schieramenti su una delibera così abietta? Si otterranno forse i trenta denari pattuiti, ma essi, e il prezzo che
l’acquirente finale verserà per acquisire il 40%, sono una goccia nel
mare rispetto al debito cittadino di quattro miliardi di euro. E
quale buon padre di famiglia, indebitato fino al collo, per rattoppare
soltanto il bilancio annuale, vende i beni dei suoi antenati? Anzi, non
vende, svende, perché, qualora molti altri Comuni obbediscano al
governo, a marzo 2012 assisteremo ai saldi primaverili delle ex
municipalizzate.
Sul
libero mercato potrebbe scatenarsi la normale legge della domanda e
dell’offerta: pochi compratori a fronte di molti venditori. In queste
condizioni saranno ovviamente i compratori che determineranno sia prezzi
che condizioni di governo delle aziende. E’
bene sottolineare, fra l’altro, che l’operazione si svolge in
condizioni di mercato internazionale segnato da una crisi finanziaria
tale che dovrebbe imporre cautela; insomma non è certo il momento
migliore. FCT
potrebbe non recuperare l’investimento per il quale s’indebiterà con le
banche e il privato imporrà l’assoluta autonomia gestionale, elemento
gravissimo per la condizione di monopolio nell’erogazione di servizi
quali quelli in causa.Quindi
la sbandierata condizione del Comune di Torino di garanzia per il
mantenimento del 60% di capitale e dei possibili elementi di tutela
varrà poco/nulla.E dunque, è proprio il caso che la Cittàdi Torino prenda “atto della necessità […] di incrementare il proprio assetto patrimoniale” procedendo a questa svendita? Dov’è
l’interesse pubblico?
Quali sono i vantaggi per i cittadini, tenuto
conto che anchela Corte dei Conti ha attestato che nelle varie esperienze
italiane (ed estere) di privatizzazione di servizi i vantaggi ventilati
non sono stati garantiti Per
i cittadini non si prospettano che danni: incremento del debito del
Comune qualora il privato compri a prezzi inferiori alla valutazione del
40% le tre aziende; probabili variazioni al rialzo delle tariffe e
tagli di personale e/o riduzioni dei servizi; né è detto che il privato
effettui gli investimenti per il miglioramento dei servizi. Ma
soprattutto, perdita di risorse comuni costruite nel tempo. Pertanto chiediamo al Consiglio Comunale:
1) Di non approvare questa delibera riguardante l’operazione di privatizzazione.
2) Che venga avviato un dibattito approfondito, aperto alla partecipazione
di tutti i cittadini, nonché dei comitati e delle associazioni, circa
il futuro della gestione del Beni Comuni e dei servizi pubblici anche
seguendo esperienze virtuose nazionali ed estere
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