lunedì 14 novembre 2011

La svendita dei servizi pubblici del comune di Torino

Pubblichiamo qui uno stralcio del testo letto dal portavoce del Carp (Coordinamento ambientalista rifiuti Piemonte) alla audizione che la conferenza capigruppo del Consiglio comunale di Torino ha avuto con i comitati dell’acqua e dei rifiuti sul tema della privatizzazione dei servizi pubblici. Il Pinerolese potrebbe essere coinvolto da tale volontà di privatizzazione sopratutto per quanto riguarda la società che si occupa dell'inceneritore (TRM S.p.A.) di cui tutti i Comuni del bacino Pinerolese dei rifiuti (Acea) hanno acquistato delle quote azionarie. I comuni con questa privatizzazione potrebbero ritrovasi come socio un privato invece che il comune di Torino. (Ricordiamo che per statuto (art.8) TRM non potrebbe cedere quote a terzi che non siano enti pubblici della Provincia di Torino ma  pare  che tale vincolo sia stato superato con la recente finanziaria). [Il testo è tatto dal sito di Torino di Rifiuti Zero]
 
[omissis]
 
La Giunta comunale, un organo non elettivo, propone .. o impone …. al Consiglio Comunale di prendere delle decisioni contrarie, appunto, all’esito della consultazione referendaria del 12 e 13 giugno scorso, con ciò espressamente aderendo al “dettato degli articoli 4 e 5 del D.L. 13 agosto 2011 n. 138 convertito in legge 148/2011, la c.d. Manovra di Ferragosto” e così associandosi alla maggioranza al governo nel tradimento della volontà popolare. Tradimento che, si evince nella delibera di Giunta, è commesso in cambio di trenta denari, ossia con la “forte motivazione” di ottenere i fondi che premieranno gli amministratori che arrivino per primi a dismettere partecipazioni nelle società esercenti servizi pubblici locali.
 
Di fronte a un tradimento così enorme come quello del voto di 27 milioni di italiani, passano in secondo piano i tradimenti che i cittadini torinesi subiranno con l’alienazione di TRM S.p.A. ,  AMIAT S.p.A. e GTT in mani private. In particolare, noi che ci battiamo per una buona gestione dei materiali post-consumo, i cosiddetti rifiuti, siamo assolutamente contrari agli impianti che distruggono tali materiali, che essi siano pubblici o privati. E’ però indubbio che con l’alienazione di TRM S.p.A. a un privato (anche nel fittizio limite del 40%) i nostri amministratori rinunciano al controllo sulla gestione dell’inceneritore del Gerbido. E l’abolizione del principio di non coincidenza del soggetto gestore della raccolta con quello gestore dello smaltimento, stabilito dalla legge regionale n. 24 del 2002, rappresenta un’ulteriore perdita di garanzie. Chi deve gestire raccolta e smaltimento e non solo vuole ma è obbligato, per sua natura giuridica, a fare profitto, evidentemente favorirà l’attività che più gli rende (lo smaltimento), indipendentemente dal fatto che la scelta non corrisponda all’interesse della collettività. 
 
Il Consiglio Comunale sta dunque per dar corso a una decisione dettata da pochi, che avrà un impatto fortemente negativo sulla qualità  della  vita di tutti nel prossimo futuro. La cessione a FTC è l’anticamera per la (S)vendita a privati per poi procedere alla completa finanziarizzazione  con l’avvio delle future Holding  .Mentre altri Comuni, come Napoli, stanno studiando come applicare nel modo più accurato e durevole l’esito referendario, la nostra giunta preme perché si attui in tutta fretta, a tappe forzate e tempi contingentati, la Svenditadi aziende che, i cittadini di Torino, hanno costruito e cresciuto negli ultimi cento anni per avere servizi che, per la loro rilevanza non già economica ma di servizi essenziali al benessere della collettività, erano e dovrebbero restare in totale gestione pubblica.
 
I cittadini, anzi, richiedono una gestione partecipata (così prevede, ad esempio, la legge d’iniziativa popolare per l’acqua bene comune, che potrebbe costituire un modello anche per la gestione degli altri servizi), mentre le mega-maxi-multiutility con sedi remote e contatti tramite call-center si pongono agli antipodi di questa visione. In mezzo sta la gestione pubblica attuale, che spesso lascia a desiderare principalmente perché si è già plasmata su modelli privati, anche nella forma giuridica di società per azioni, con finalità estranee alla gestione pubblica.
 
Che cosa, se non una colpevole volontà politica, uniforme e complice da destra a sinistra, impedisce di ricordare che, come sosteneva negli anni Settanta Aldo Pedussia, allora Direttore Amministrativo dell’Azienda Acquedotto Municipale, scopo delle aziende che forniscono servizi essenziali è quello di “estendere a sempre più larghi strati popolari i servizi fondamentali […];  di svolgere azione calmieratrice sul mercato come componente dell’offerta, di far coincidere il più possibile il costo dei servizi con il prezzo, studiando l’opportunità di far profittare di potenziali e possibili utili la massa degli utenti popolari (con le basse tariffe); di essere battistrada dello sviluppo economico (anche a beneficio dell’iniziativa privata), specie nelle zone depresse. Ne deriva che “l’utile di esercizio […]  non entra nel fine dell’azienda stessa, perché rivela una possibilità forse non espletata di riduzione del prezzo o di possibile estensione e miglioramento sociale del servizio. […] Il criterio dell’economicità in un’azienda municipalizzata deve fondarsi sulla stabilizzazione attitudinale a conseguire nel tempo un equilibrio economico e finanziario che si traduca in pareggio di bilancio e contemporaneamente consenta di perseguire le finalità che stanno alla base del servizio”. Eccetera.Non suonano forse esemplarmente ragionevoli anche oggi queste parole, e perfettamente compatibili anche con il patto di stabilità (e se non lo fossero, permetteteci: si tratta forse di un patto con il diavolo, che impedisce una gestione diretta di risorse collettive?). 
 
Si può parlare di patto con il diavolo, se il centrosinistra torinese segue servilmente la manovra finanziaria di un governo privo di qualsiasi autorevolezza e legittimità, fondato sulla compravendita di voti di fiducia. A Torino dovremo davvero vedere un voto favorevole compatto di tutti gli schieramenti su una delibera così abietta? Si otterranno forse i trenta denari pattuiti, ma essi, e il prezzo che l’acquirente finale verserà per acquisire il 40%, sono una goccia nel mare rispetto al debito cittadino di quattro miliardi di euro. E quale buon padre di famiglia, indebitato fino al collo, per rattoppare soltanto il bilancio annuale,  vende i beni dei suoi antenati? Anzi, non vende, svende, perché, qualora molti altri Comuni obbediscano al governo, a marzo 2012 assisteremo ai saldi primaverili delle ex municipalizzate.
 
Sul libero mercato potrebbe scatenarsi la normale legge della domanda e dell’offerta: pochi compratori a fronte di molti venditori. In queste condizioni saranno ovviamente i compratori che determineranno sia prezzi che condizioni di governo delle aziende. E’ bene sottolineare, fra l’altro, che l’operazione si svolge in condizioni di mercato internazionale segnato da una crisi finanziaria tale che dovrebbe imporre cautela; insomma non è certo il momento migliore. FCT potrebbe non recuperare l’investimento per il quale s’indebiterà con le banche e il privato imporrà l’assoluta autonomia gestionale, elemento gravissimo per la condizione di monopolio nell’erogazione di servizi quali quelli in causa.Quindi la sbandierata condizione del Comune di Torino di garanzia per il mantenimento del 60% di capitale e dei possibili elementi di tutela varrà poco/nulla.E dunque, è proprio il caso che la Cittàdi Torino prenda “atto della necessità […] di incrementare il proprio assetto patrimoniale procedendo a questa svendita? Dov’è l’interesse pubblico?
 
Quali sono i vantaggi per i cittadini, tenuto conto che anchela Corte dei Conti ha attestato che nelle varie esperienze italiane (ed estere) di privatizzazione di servizi i vantaggi ventilati non sono stati garantiti Per i cittadini non si prospettano che danni: incremento del debito del Comune qualora il privato compri a prezzi inferiori alla valutazione del 40% le tre aziende; probabili variazioni al rialzo delle tariffe e tagli di personale e/o riduzioni dei servizi; né è detto che il privato effettui gli investimenti per il miglioramento dei servizi. Ma soprattutto, perdita di risorse comuni costruite nel tempo. Pertanto chiediamo al Consiglio Comunale: 
 
1) Di non approvare  questa delibera riguardante  l’operazione di privatizzazione.
2) Che venga avviato un dibattito approfondito, aperto alla partecipazione di tutti i cittadini, nonché dei comitati e delle associazioni, circa il futuro della gestione del Beni Comuni e dei servizi pubblici anche seguendo esperienze virtuose nazionali ed estere

In decisioni di tale portata deve essere coinvolta la cittadinanza in tutte le forme organizzate e non. La società civile “proprietaria del beni collettivi”, deve essere informata e deve potersi esprimere. Per noi i Beni Comuni sono e devono restare veicoli di partecipazione, di unione, aggregazione, socializzazione  e quindi democrazia.

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