Approvata anche in Provincia a Torino la delibera d’iniziativa popolare per l’Acqua Pubblica
Questa notizia, seppur "locale" assume una rilevanza nazionale in quanto rappresenta un "pericoloso" (per i potentati economici) precedente. Una vittoria dei cittadini e dei loro interessi...
Condividiamo l'entusiasmo del Forum e diffondiamo integralmente il loro cominicato (censurato da tutti i media anche locali)
Condividiamo l'entusiasmo del Forum e diffondiamo integralmente il loro cominicato (censurato da tutti i media anche locali)
L'8 febbraio, subito dopo il voto favorevole del Consiglio comunale di Torino sulla delibera di iniziativa popolare che modificava lo Statuto della Città, abbiamo espresso e motivato la nostra "moderata soddisfazione" per quel risultato.1
Oggi, dopo l'approvazione il 1 giugno anche da parte del Consiglio provinciale della modifica dello Statuto, possiamo senza tema affermare che questo secondo risultato, e ancor più il quadro complessivo che si viene a creare, costituiscono atti di grande importanza nel percorso di riappropriazione sul senso e sulle scelte da compiere in merito all'acqua e a tutti i beni comuni.
Anche la delibera di iniziativa popolare per la Provincia è stata approvata dal Consiglio con alcuni emendamenti. Prima di entrare nel merito occorre, però, dare una valutazione generale sull'intera vicenda e sul suo esito.
Per la prima volta in Italia una grande Provincia afferma, nel proprio Statuto, che l'acqua è un bene comune, che il servizio idrico è privo di rilevanza economica e deve essere gestito esclusivamente da enti o aziende interamente pubblici, senza alcun fine di lucro ma col vincolo di reinvestire gli attivi della gestione nel servizio stesso.
Si afferma, in sostanza, che l'acqua NON è una merce e si declina questo concetto con affermazioni chiare e vincolanti.
Questi principi sono stati affermati grazie all'iniziativa dei cittadini, senza nessun appoggio dipotentati politici, economici o mediatici.
La volontà di trasformare l'acqua in un lucroso business rimane ampia e forte nel mondo economico, politico e, di conseguenza, in quello mediatico.
Non è sicuramente un caso che anche stavolta "La Stampa", "La Repubblica" (nelle loro pagine locali) e il TG3 regionale abbiano osservato, con granitica unanimità, un assordante silenzio.
Evidentemente pesano di più gli interessi di qualche azionista dei grandi giornali rispetto al diritto dei cittadini a essere informati e al dovere di cronaca, valori che in questi giorni sono - giustamente- così rivendicati dai giornalisti stessi, di fronte alla legge "bavaglio" in discussione in Parlamento...
Eppure oggi, con le modifiche dei due Statuti dei principali Enti locali del territorio torinese, il progetto di privatizzazione dell'acqua dei torinesi, che aveva come principale sponsor il sindaco di Torino Chiamparino, appare cosa vecchia e ci auguriamo che, come vuole il rispetto delle regole democratiche, esso venga definitivamente accantonato.
Questa volta cittadini organizzati, il cui numero aumenta ogni giorno mentre firmano il referendum per l'Acqua Pubblica, vicino ormai a un milione di sottoscrizioni, hanno avuto più peso dei potentati economici!
Come valutazione politica, va osservato che la Maggioranza del Consiglio Provinciale che sostiene il Presidente Saitta (cui si è unito un Consigliere di opposizione) ha non solo confermato, ma rafforzato, quanto già fatto dalla Maggioranza del Consiglio Comunale; ciò è avvenuto superando anche, con coraggio e coerenza, un parere negativo di uffici "tecnici" che non si erano fatti molti scrupoli a stravolgere la realtà del quadro normativo comunitario e nazionale, pur di ammantare i proclami ideologici neoliberisti di presunta oggettività giuridica.
Ci rammarichiamo che il voto finale non sia stato unanime in quanto su un punto essenziale, quello della gestione pubblica dell'acqua, l'UdC si è dichiarata contraria con un distinguo da noi già definito incomprensibile.
I gruppi di centrodestra che hanno dato una valutazione negativa della nostra proposta, prendendo anche a pretesto il citato parere degli uffici, si sono o assentati o non hanno partecipato al voto; se va riconosciuto il fatto di non aver voluto votar contro l'iniziativa popolare, forse un po' di riflessione in più avrebbe fatto loro capire che avevano un'occasione unica per lanciare un segnale politico proveniente dai territori alle loro segreterie, così lontane dalla realtà quotidiana.
Il perché della soddisfazione, ma con alcune precisazioni
Pensiamo quindi di poter salutare come importantissima questa scelta politica, che ci auguriamo altre Province, a partire da quelle piemontesi, vogliano presto fare propria. Oggi che all'incertezza del quadro normativo si è aggiunta l'abolizione delle Autorità d'Ambito, le Province sono le più probabili candidate ad assumere il ruolo dell'Ente affidatario. Giusto o meno che sia un esito di questo genere, siamo lieti di aver operato, con lungimiranza, anche su questo fronte e continuiamo a esortare il movimento per l'acqua a seguirci con più decisione su questa strada.
Inoltre, la conseguenza di aver dichiarato la non rilevanza economica del Servizio, consente di affermare che secondo la Provincia di Torino, che ha applicato i poteri concessi dalla Costituzione e dal diritto europeo, il decreto "Ronchi", sebbene ancora in vigore, non si applica al servizio idrico nell'ATO3 Torinese, che non soggiace quindi alle scadenze temporali previste dal decreto.
Rimangono alcuni dispiaceri che è necessario evidenziare.
Non si è esplicitato il principio della inseparabilità tra rete e servizio.
Questa separazione, del tutto irrazionale e anti-industriale, nei servizi a rete, serve spesso come "cavallo di Troia" per privatizzare (previo "spezzatino") i monopoli naturali.
Va però precisato che a differenza del Comune, la delibera provinciale contiene comunque il principio della gestione anche della rete mediante soggetti pubblici.
Non è stato deciso di garantire il quantitativo minimo vitale gratuito come diritto inalienabile della persona.
Non solo si è persa l'opportunità di gettare un ponte ideale, per unire la provincia di Torino a quelle realtà per cui l'assenza del quantitativo minimo è la lesione costante di un fondamentale diritto umano. Ma non si è voluto riconoscere che anche da noi in Italia, oggi, le società per azioni che gestiscono l'acqua non esitano a lasciare a secco interi condomini - magari sulla base di bollette "pazze"- e di fronte a questo i cittadini mancano degli strumenti legali per opporsi. Questo è solo un esempio, forse il più terribile, della progressiva sostituzione dei diritti con i "corrispettivi", trend che si poteva cominciare a invertire.
Nello stesso periodo il Consiglio Provinciale ha proceduto a ratificare la fusione Iride-Enia, decisa da Consigli di Amministrazione lontani dai cittadini.
Una fusione che avalla la nascita di un colosso economico-finanziario dominato dalle logiche del profitto e della speculazione e che mira a gestire l'acqua come una merce a Genova e nei comuni emiliani, dove dispone dell'affidamento del Servizio. Ad essa il Comitato Acqua Pubblica Torino continuerà a opporsi con ogni mezzo insieme ai Comitati degli altri territori interessati.
Al riguardo vale comunque la pena fare un'osservazione.
La modifica dello Statuto Provinciale, dopo quella approvata dal Comune di Torino, crea un ulteriore impedimento giuridico e politico al progetto, voluto dai poteri forti di questa Città e ripetutamente preannunciato attraverso i media, di portare in dote a Iride-Enia l'acqua di Torino, gestita dalla SMAT.
Questa ricca dote si sarebbe rivelata molto appetitosa in occasione del nuovo annunciato "matrimonio", da celebrarsi sull'altare del mercato finanziario, con un importante fondo d'investimento; invece il gioiello di famiglia rimane a Torino e l'interessato "promesso sposo" rimarrà a bocca... asciutta!
Come in Comune, i contatti tra il Comitato e i Consiglieri che si sono incaricati della mediazione hanno permesso che gli emendamenti, inizialmente stravolgenti la proposta popolare, siano diventati compatibili con lo spirito e lo scopo di essa.
Un esempio di democrazia vivente
Nella nostra Città e nella nostra Provincia abbiamo superato due ostacoli formidabili, ma la strada è ancora lunga: per difendere quanto raggiunto, per migliorare e condividere attività e speranze con quanti nel resto d'Italia, in Europa e nel Mondo vogliono affermare un diritto per gli esseri umani di oggi e per quelli di domani.
Due anni fa un'analoga iniziativa popolare scongiurò la parziale privatizzazione dei servizi pubblici a Lipsia. Ci piace continuare a ricordare come la pacata e autorevole "Sueddeutsche Zeitung" definì tale impresa con parole che crediamo di aver applicato anche a Torino: "Un esempio di democrazia vivente".
Il referendum sull'Acqua Pubblica non fa che continuare il percorso su questo tracciato, che ci unisce, non solo idealmente, con l'assemblea dei movimenti di Cochabamba, sede dieci anni fa della prima e più nota "guerra dell'acqua". Speriamo che anche queste, come le altre guerre, diventino presto un ricordo del passato, come accadrà quando finalmente l'acqua tornerà ad essere diritto umano universale e bene comune inalienabile dei popoli.
Per la prima volta in Italia una grande Provincia afferma, nel proprio Statuto, che l'acqua è un bene comune, che il servizio idrico è privo di rilevanza economica e deve essere gestito esclusivamente da enti o aziende interamente pubblici, senza alcun fine di lucro ma col vincolo di reinvestire gli attivi della gestione nel servizio stesso.
Si afferma, in sostanza, che l'acqua NON è una merce e si declina questo concetto con affermazioni chiare e vincolanti.
Questi principi sono stati affermati grazie all'iniziativa dei cittadini, senza nessun appoggio dipotentati politici, economici o mediatici.
La volontà di trasformare l'acqua in un lucroso business rimane ampia e forte nel mondo economico, politico e, di conseguenza, in quello mediatico.
Non è sicuramente un caso che anche stavolta "La Stampa", "La Repubblica" (nelle loro pagine locali) e il TG3 regionale abbiano osservato, con granitica unanimità, un assordante silenzio.
Evidentemente pesano di più gli interessi di qualche azionista dei grandi giornali rispetto al diritto dei cittadini a essere informati e al dovere di cronaca, valori che in questi giorni sono - giustamente- così rivendicati dai giornalisti stessi, di fronte alla legge "bavaglio" in discussione in Parlamento...
Eppure oggi, con le modifiche dei due Statuti dei principali Enti locali del territorio torinese, il progetto di privatizzazione dell'acqua dei torinesi, che aveva come principale sponsor il sindaco di Torino Chiamparino, appare cosa vecchia e ci auguriamo che, come vuole il rispetto delle regole democratiche, esso venga definitivamente accantonato.
Questa volta cittadini organizzati, il cui numero aumenta ogni giorno mentre firmano il referendum per l'Acqua Pubblica, vicino ormai a un milione di sottoscrizioni, hanno avuto più peso dei potentati economici!
Come valutazione politica, va osservato che la Maggioranza del Consiglio Provinciale che sostiene il Presidente Saitta (cui si è unito un Consigliere di opposizione) ha non solo confermato, ma rafforzato, quanto già fatto dalla Maggioranza del Consiglio Comunale; ciò è avvenuto superando anche, con coraggio e coerenza, un parere negativo di uffici "tecnici" che non si erano fatti molti scrupoli a stravolgere la realtà del quadro normativo comunitario e nazionale, pur di ammantare i proclami ideologici neoliberisti di presunta oggettività giuridica.
Ci rammarichiamo che il voto finale non sia stato unanime in quanto su un punto essenziale, quello della gestione pubblica dell'acqua, l'UdC si è dichiarata contraria con un distinguo da noi già definito incomprensibile.
I gruppi di centrodestra che hanno dato una valutazione negativa della nostra proposta, prendendo anche a pretesto il citato parere degli uffici, si sono o assentati o non hanno partecipato al voto; se va riconosciuto il fatto di non aver voluto votar contro l'iniziativa popolare, forse un po' di riflessione in più avrebbe fatto loro capire che avevano un'occasione unica per lanciare un segnale politico proveniente dai territori alle loro segreterie, così lontane dalla realtà quotidiana.
Il perché della soddisfazione, ma con alcune precisazioni
Pensiamo quindi di poter salutare come importantissima questa scelta politica, che ci auguriamo altre Province, a partire da quelle piemontesi, vogliano presto fare propria. Oggi che all'incertezza del quadro normativo si è aggiunta l'abolizione delle Autorità d'Ambito, le Province sono le più probabili candidate ad assumere il ruolo dell'Ente affidatario. Giusto o meno che sia un esito di questo genere, siamo lieti di aver operato, con lungimiranza, anche su questo fronte e continuiamo a esortare il movimento per l'acqua a seguirci con più decisione su questa strada.
Inoltre, la conseguenza di aver dichiarato la non rilevanza economica del Servizio, consente di affermare che secondo la Provincia di Torino, che ha applicato i poteri concessi dalla Costituzione e dal diritto europeo, il decreto "Ronchi", sebbene ancora in vigore, non si applica al servizio idrico nell'ATO3 Torinese, che non soggiace quindi alle scadenze temporali previste dal decreto.
Rimangono alcuni dispiaceri che è necessario evidenziare.
Non si è esplicitato il principio della inseparabilità tra rete e servizio.
Questa separazione, del tutto irrazionale e anti-industriale, nei servizi a rete, serve spesso come "cavallo di Troia" per privatizzare (previo "spezzatino") i monopoli naturali.
Va però precisato che a differenza del Comune, la delibera provinciale contiene comunque il principio della gestione anche della rete mediante soggetti pubblici.
Non è stato deciso di garantire il quantitativo minimo vitale gratuito come diritto inalienabile della persona.
Non solo si è persa l'opportunità di gettare un ponte ideale, per unire la provincia di Torino a quelle realtà per cui l'assenza del quantitativo minimo è la lesione costante di un fondamentale diritto umano. Ma non si è voluto riconoscere che anche da noi in Italia, oggi, le società per azioni che gestiscono l'acqua non esitano a lasciare a secco interi condomini - magari sulla base di bollette "pazze"- e di fronte a questo i cittadini mancano degli strumenti legali per opporsi. Questo è solo un esempio, forse il più terribile, della progressiva sostituzione dei diritti con i "corrispettivi", trend che si poteva cominciare a invertire.
Nello stesso periodo il Consiglio Provinciale ha proceduto a ratificare la fusione Iride-Enia, decisa da Consigli di Amministrazione lontani dai cittadini.
Una fusione che avalla la nascita di un colosso economico-finanziario dominato dalle logiche del profitto e della speculazione e che mira a gestire l'acqua come una merce a Genova e nei comuni emiliani, dove dispone dell'affidamento del Servizio. Ad essa il Comitato Acqua Pubblica Torino continuerà a opporsi con ogni mezzo insieme ai Comitati degli altri territori interessati.
Al riguardo vale comunque la pena fare un'osservazione.
La modifica dello Statuto Provinciale, dopo quella approvata dal Comune di Torino, crea un ulteriore impedimento giuridico e politico al progetto, voluto dai poteri forti di questa Città e ripetutamente preannunciato attraverso i media, di portare in dote a Iride-Enia l'acqua di Torino, gestita dalla SMAT.
Questa ricca dote si sarebbe rivelata molto appetitosa in occasione del nuovo annunciato "matrimonio", da celebrarsi sull'altare del mercato finanziario, con un importante fondo d'investimento; invece il gioiello di famiglia rimane a Torino e l'interessato "promesso sposo" rimarrà a bocca... asciutta!
Come in Comune, i contatti tra il Comitato e i Consiglieri che si sono incaricati della mediazione hanno permesso che gli emendamenti, inizialmente stravolgenti la proposta popolare, siano diventati compatibili con lo spirito e lo scopo di essa.
Un esempio di democrazia vivente
Nella nostra Città e nella nostra Provincia abbiamo superato due ostacoli formidabili, ma la strada è ancora lunga: per difendere quanto raggiunto, per migliorare e condividere attività e speranze con quanti nel resto d'Italia, in Europa e nel Mondo vogliono affermare un diritto per gli esseri umani di oggi e per quelli di domani.
Due anni fa un'analoga iniziativa popolare scongiurò la parziale privatizzazione dei servizi pubblici a Lipsia. Ci piace continuare a ricordare come la pacata e autorevole "Sueddeutsche Zeitung" definì tale impresa con parole che crediamo di aver applicato anche a Torino: "Un esempio di democrazia vivente".
Il referendum sull'Acqua Pubblica non fa che continuare il percorso su questo tracciato, che ci unisce, non solo idealmente, con l'assemblea dei movimenti di Cochabamba, sede dieci anni fa della prima e più nota "guerra dell'acqua". Speriamo che anche queste, come le altre guerre, diventino presto un ricordo del passato, come accadrà quando finalmente l'acqua tornerà ad essere diritto umano universale e bene comune inalienabile dei popoli.
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