La vergogna per quanto è successo a Lampedusa interroga il nostro GAS e porta ciscuno di noi ad intensificare l'impegno nella vita cittadina per approfondire la tematica, unire le forze ed aprirle verso l'accoglienza di questi nostri fratelli e sorelle.
Come prima forte riflessione su quanto avvenuto riportiamo un commento di PIERLUIGI SULLO ripreso dal sito: Democrazia KM0.
Omicidio plurimo premeditato
"Quello che è successo a Lampedusa non è “una tragedia”, come ripetono
tutti i media. Tecnicamente, è un omicidio plurimo premeditato,
aggravato dalla reiterazione. Nel linguaggio cui ci hanno abituato le
infinite serie televisive “crime”, attorno alle coste del sud Italia è
al lavoro un “serial killer”, anche se non si tratta di un solo
individuo sociopatico o maniaco depressivo o semplicemente ossessionato
dal gusto di uccidere, ma un assassino a sua volta plurale.
La soluzione
di questo sanguinoso thriller, inoltre, non è così semplice come i
media e i politici dicono. Gli “scafisti” e gli organizzatori del
traffico di esseri umani sono certamente parte del killer seriale, ma ne
sono solo l’ultimo anello. Sono – precisamente – coloro che mettono a
frutto una merce che, in quanto clandestina, ha un assunto un valore
sproporzionato: il viaggio verso l’Europa. Si tratta dei governi del
Nord Africa e dei loro emissari, complici e inerti nella persecuzione,
nello sfruttamento e nei furti ai danni di chi viene da ancora più a
sud, e da paesi in cui avvengono massacri, come la Siria: è un questo
brodo che galleggiano gli imprenditori privati dell’affare, quelli che
allestiscono i barconi precari e assumono gli “scafisti”.
Ma chi permette loro di organizzare questo traffico siamo noi,
governi e paesi del nord, dell’Europa. I personaggi ed interpreti di
questo omicidio di massa non sono solo i migranti che annegano o gli
aguzzini che li hanno stipati su quei barconi. Basta vedere scorrere i
titoli dei telegiornali, per leggere – come nei titoli di coda di un
film – i nomi dei protagonisti della vicenda.
Il presidente del consiglio, Letta, dice che si tratta di una “immane
tragedia”: ma lui, lodato in queste ore per la sua furbizia
democristiana nel mettere in angolo Berlusconi, cos’ha fatto, da quando è
a Palazzo Chigi, per evitare queste morti? Non fa parte di un partito,
il Pd, che ha sempre tollerato, per lo meno tollerato, la politica di
chiusura, le leggi che impediscono a chiunque – fosse anche un rifugiato
da un paese in guerra – di mettersi in salvo in Italia, o in Europa,
senza dover percorrere la via crucis che conduce eritrei e somali e
siriani ad affogare a qualche metro dalla riva della Sicilia o della
Puglia? Perché l’ultimo governo Prodi, di cui pure faceva parte
Rifondazione comunista, non solo non ha in nessun modo riformato la
legge Bossi-Fini ma anzi ha varato un decreto d’emergenza contro i
“romeni”?
Certo, Letta ha nominato ministro dell’”integrazione” (di chi? Di
quelli che non sono annegati prima?) una persona di origine congolese,
la ministra Kyenge, ora in visita a Lampedusa. Tutti l’abbiamo difesa
degli insulti di leghisti, razzisti e nazisti, ma di fronte alle
centinaia di morti di Lampedusa (e tutti gli altri, e le migliaia di cui
non sapremo mai nulla) non possiamo non chiederci, provando un
insopportabile disagio: cosa ha fatto, la ministra, per meritarsi quegli
insulti?
A Lampedusa è accorso anche l’uomo che ha trionfato su Berlusconi,
Angelino Alfano, che è incidentalmente anche ministro degli interni.
Inutile dire che lui è, ed è sempre stato, favorevole alla micidiale
legge che porta il nome di un suo ex dirigente, Fini, e dell’ex capo dei
leghisti, Bossi. Legge che, semplicemente, chiude ogni porta in faccia
ad ogni profugo. Come pensa, Alfano, di cambiare registro, a parte la
comparsata sull’isola e oltre ai rituali lamenti sull’Europa che “ci
lascia soli”?
E il presidente della Repubblica, Napolitano, che di nuovo si duole
per la “tragedia” e chiede una revisione delle norme sull’accoglienza
dei profughi, non diede a suo tempo il suo nome a una legge sui
migranti, la Turco-Napolitano, che inventò i Cpt, oggi Cie, cioè i lager
in cui i migranti “clandestini” vengono relegati in una zona senza
legge, né diritti, né via d’uscita che non sia l’espulsione (verso
dove?). Quella legge, mi spiegò la ministra Livia Turco quando andai a
chiederglielo (lavoravo all’epoca al manifesto) era divisa in due parti:
la prima, severa, voleva reprimere gli ingressi clandestini (allestendo
appunto quei lager dal nome paradossale: Centro di permanenza
temporanea), ma la seconda avrebbe dato diritti e offerto integrazione a
chi si metteva in regola. Quella seconda parte è rimasta sospesa,
ancora si fanno file umilianti per i permessi di soggiorno, ancora non
abbiamo deciso che chi nasce in Italia è ovviamente cittadino italiano,
ancora una giungla di regole contraddittorie rende la vita impossibile a
milioni di nostri vicini di casa. Cosa vuol fare Napolitano in
proposito e per evitare che il serial killer colpisca ancora?
Il papa Francesco ha fatto un coraggioso viaggio a Lampedusa, ha
detto cose impegnative sul tema, ha detto che i conventi vuoti vanno
usati non come alberghi ma come luoghi di accoglienza per i profughi e i
migranti, dopo le centinaia di morti di Lampedusa ha fatto sapere: “Una
sola parola mi viene in mente: vergogna”. E ha fatto una affermazione
scandalosa (nel senso evangelico) nella conversazione con Eugenio
Scalfari: non esiste un Dio cristiano, esiste Dio e basta, e dunque i
somali e i siriani e gli eritrei, di qualunque religione siano, sono
tutti figli di Dio da amare e proteggere e accogliere; papa Francesco
cosa farà ora? Inviterà tutte le parrocchie, tutti i cristiani, a
insorgere perché il massacro termini?
Ma ancora: l’Unione europea, tanto severa nel castigare chi viola le
regole dlel’”austerità”, tanto occhiuta nell’esaminare i bilanci degli
stati, cosa intende fare per i suoi vicini del sud? E’ evidente che
fingere che non esistano, salvo fare affari con dittatori orrendi o
partecipare a guerre “umanitarie”, comporta questo sgradevole
sottoprodotto: esseri umani in fuga. In fuga, ovviamente, verso qualche
posto in cui ci si possa salvare la vita, magari perfino lavorare per
mantenere se stessi e le famiglie. Invece stabilisce che chi riesce ad
approdare precariamente, ancora in vita, a un paese europeo del sud,
Grecia o Italia, lì debba restare. Perciò i kurdi o i siriani acciuffati
sui traghetti in arrivo dalla Grecia, ad esempio ad Ancona, vengono
subito rispediti indietro.
Qualcuno ha raccontato come vivono i migranti
in Grecia, la favela del porto di Patrasso, per esempio, con le
aggravanti del saccheggio economico e sociale che colpisce i greci e
quello delle bande fasciste di Alba Dorata che danno loro la caccia. Ma
il governo, i media, la Commissione europea si sono impressionati? No,
hanno replicato con l’indifferenza e il cinismo.
Migranti annegano non
solo nel Canale di Sicilia, ma anche nello Stretto di Gibilterra, e
nell’Atlantico, sulla rotta tra l’Africa e le isole Azzorre. Frega a
qualcuno? Qualche giorno fa è passata inosservata anche la notizia che
gruppi di migranti africani hanno dato l’assalto al Muro che divide il
Marocco dalla colonia spagnola di Melilla, sul Mediterraneo: tempo fa
andammo a Bamako, nel Mali, e persone che avevano cercato di percorrere
quella via, prima il deserto, poi le persecuzioni dei marocchini, infine
i reticolati di Ceuta e Melilla, ci mostrarono le cicatrici delle
fucilate con cui i poliziotti spagnoli li avevano respinti. Il fatto è
che l’Europa non lascia sola l’Italia, lascia sola se stessa, nega quel
che racconta di sé, il suo riscatto dall’orrore tutto europeo
dell’antisemitismo e dell’Olocausto, e del colonialismo, ciò che
costituisce il fondamento morale dell’Unione.
Indignazione, certo, e stanchezza nell’osservare inerti gli omicidi
di massa. Questi sono i sentimenti che dovremmo provare. Chiunque dice
che vorrebbe un modo diverso di vivere, che si mobilita per uno
qualunque degli insulti che questo modo di vivere infligge invece alla
società, dovrebbe fare qualcosa, subito."
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