venerdì 7 giugno 2013

Acqua pubblica a due anni dal referendum




 Alla vigilia del secondo anniversario dei referendum sull'acqua bene comune pubblichiamo una sintetica ricostruzione dei fatti più salienti che hanno caratterizzato questi due anni. La ricostruzione è stata scritta da Paolo Carsetti della segreteria del Forum dei movimenti per l'acqua.

Il Forum dei movimenti per l'acqua per il secondo anniversario dei referendum, oltre a mettere in campo diverse iniziative diffuse sul territoro nazionale, ha deciso di sollecitare i parlamentari affinchè s'impegnino in un'iniziativa politica per costruire un “intergruppo dei parlamentari per l'acqua bene comune” che si ponga l'obiettivo di intraprendere un percorso legislativo per giungere ad una gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico integrato.
Il primo atto che viene chiesto di intraprendere ai parlamentari è la sottoscrizione e il deposito del testo della proposta di legge d'iniziativa popolare promossa dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua.

A due anni dal referendum nel pinerolese come siamo messi? L'applicazione dei dettati referendari per quanto riguarda l'ACEA è lontana. L'ACEA, nei mesi successivvi al referendum, in fretta e furia (alla vigilia di natale 2011), è stata trasformata dalle amministrazioni comunali, in un agglomerato di società (scatole cinesi) aperte alla partecipazione privata (la società dei rifiuti, sulla quale proprio in questo periodo sono in corso forti discussioni, sulla base delle decisoni prese ha visto l'ingresso di n. 2 soci privati). Questa trasformazione secondo gli amministratori e lo staff ACEA rispondeva alla necessità di applicare un articolo di legge che poi nei mesi successivi è stato abrogato dalla corte costituzionale (vedi seguito), in nessun modo gli amministratori (sia in commissione che in consiglio comunale) hanno voluto ascoltare le ragioni del comitato acqua di pinerolo che richiedeva di soprassedere sulle decisioni almeno sino alla promulgazione della sentenza (che prevedeva positiva come realmente avvenuto) della corte costituzionale. Ma forse se il tempo lo permetterà dedicheremo un articolo specifico per la ricostruzione delle vicende locali.
Ecco la sintesi nazionale scritta da Paolo Casetti.
P.S. Per una sintesi più completa potete scaricare il seguente file

Disconoscimento e tentativi di cancellazione dell'esito referendario

La sentenza 199/2012 della Corte Costituzionale (20 Luglio 2012)
Il 13 Agosto 2011 il Governo ha approvato il decreto legge 138/2011 (cd. decreto di Ferragosto) convertito con modificazioni dalla legge n. 148/2011. Tramite l'articolo 4 di tale decreto sostanzialmente veniva riproposta la disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica contenuta nell'art. 23-bis abrogata con i  referendum del 12-13 giugno 2011 pur escludendo il servizio idrico. Su tale provvedimento diverse Regioni hanno presentato ricorso e la Corte costituzionale si è espressa (sentenza n. 199/2012 del 20/07/2012) dichiarando incostituzionale l'art. 4 e le successive modifiche per palese violazione dell'art. 75 della Costituzione. La Consulta ha riconosciuto che “l’impugnato art. 4, il quale nonostante sia intitolato «Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dall’Unione europea», detta una nuova disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, [...] letteralmente riproduttiva, in buona parte, di svariate disposizioni dell’abrogato art. 23-bis”. Poi prosegue “La disposizione impugnata viola, quindi, il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare desumibile dall’art. 75 Cost.”.

Tentativo di assoggettamento al patto di stabilità interno delle aziende speciali e delle S.p.A. in house
Seppur diversi sono stati i provvedimenti approvati in tale senso è possibile sostenere che il patto di stabilità non si applica a società in house ed aziende speciali affidatarie dirette di servizi pubblici locali, perchè ad oggi manca il provvedimento attuativo di quanto previsto in merito nell'art. 25 del decreto liberalizzazioni non essendo stato ancora emanato il decreto ministeriale tramite il quale dovevano essere individuate le modalità di assoggettamento al patto di stabilità (l'at. 25 disponeva fosse approvato entro ottobre 2012). 
E' evidente che sottoporre le Aziende speciali al Patto di stabilità significa, in primo luogo, estendere anche ad esse ciò che si è verificato per gli Enti Locali, e cioè costruire una condizione per cui esse non saranno più in condizioni di effettuare investimenti e che questa diventerà la strada per favorire i processi di privatizzazione.

L'intervento dell'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas (28 Dicembre 2012)
Per quanto riguarda le tematiche relative al secondo quesito referendario il cosiddetto decreto "Salva Italia" ha trasferito all'Autorità dell'energia e del gas "le funzioni di regolazione e di controllo dei servizi idrici".
Il 28 Dicembre 2012 l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas ha approvato la delibera 585/2012 con cui è stato definito il Metodo Tariffario Transitorio (MTT) per la determinazione delle tariffe negli anni 2012 e 2013.
Il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua ha espresso un giudizio assolutamente negativo su tale delibera e su cui, insieme a Federconsumatori, ha promosso un ricorso al Tar Lombardia. Giudizio che si basa in primis sul mancato rispetto dell'esito del II° referendum e dunque sulla mancata eliminazione dalla tariffa di qualsiasi voce riconducibile alla remunerazione del capitale investito. Al contrario si stanno facendo rientrare dalla finestra i profitti garantiti per i gestori sotto la denominazione di “costo della risorsa finanziaria”. Il nuovo metodo predisposto dall’Autorità, riproponendo la copertura tramite tariffa, e quindi il riconoscimento ai gestori, di una percentuale standard del capitale investito, sostanzialmente non sta facendo altro che reintrodurre lo stesso meccanismo della remunerazione del capitale investito.
La conseguenza più diretta dell'applicazione del Metodo Tariffario Transitorio elaborato dall'AEEG sulle tariffe del servizio idrico sarà un aumento molto rilevante che in media ammonterà ad un 13-14%. I primi risultati relativi all'impatto del nuovo metodo sono stati raccolti in uno studio dell'ANEA (Associazione Nazionale Autorità e Enti di Ambito): gli aumenti tariffari medi, su un campione che riguarda 61 gestori, sono del 13,7%, con valori fra il 22 e il 46,8% per una decina di gestori, mentre solo 17 gestori, resta sotto la soglia del 6,5% di aumento prevista dal vecchio metodo tariffario normalizzato.
A fronte di tali dati e nonostante sia tuttora vigente il principio del “full cost recovery” per cui la tariffa dovrebbe coprire integralmente i costi del servizio, Federutility continua a richiedere al Governo di trovare una modalità di finanziamento degli investimenti necessari (circa 2 mld di €/anno) indicando come soluzioni preferibili le tasse e finanziamenti pubblici. In questo modo appare evidente che queste soluzioni non facciano altro che rendere possibili profitti più elevati per gli stessi gestori essendo in gran parte sgravati dall'onere di dover sopperire agli investimenti. Tale richiesta, tra l'altro, sta diventando sempre più pressante visto che, sulla base del nuovo metodo tariffario, la remuneratività degli investimenti calerà considerevolmente essendo possibile caricare in tariffa solo quelli effettivamente realizzati, a differenza del metodo normalizzato secondo cui la remunerazione veniva calcolata sulla totalità degli investimenti, anche sulla porzione solamente programmata che in media oscillava tra il 40%-45%.

Il parere del Consiglio di Stato sull'eliminazione della
remunerazione del capitale investito (25 Gennaio 2013)

Il parere n. 267 del Consiglio di Stato del 25 gennaio 2013 è molto limpido e dà pienamente ragione alle tesi sostenute dal Forum dei Movimenti per l'Acqua all'indomani della vittoria referendaria, e cioè che l'abrogazione del 7% aveva effetto immediato a partire dal 21 luglio 2011, data di promulgazione dell'esito referendario. Infatti, nel parere si dice che "l'applicazione fatta dello stesso decreto 1° agosto 1996 a far data dal giorno (21 luglio 2011) in cui il referendum dl 12 e 13 giugno ha prodotto effetti non sia stata coerente... con il quadro normativo risultante dalla consultazione referendaria". E la motivazione lo è altrettanto: "al referendum abrogativo è stata riconosciuta una sorta di valenza espansiva rispetto alle disposizioni legislative non coinvolte in maniera espressa dal quesito referendario, ma comunque incompatibili con la volontà manifestata dagli elettori".
Insomma, il parere del Consiglio di Stato è molto rilevante, comparabile a quello della sentenza 199/2012 della Corte Costituzionale sul primo referendum.

La sentenza del TAR Toscana sulla remunerazione del capitale investito (21 Marzo 2013)

Il Tar della Toscana con la sentenza n.426/2013 del 21 marzo u.s. accoglie il ricorso presentato dal Forum Toscano dei Movimenti per l'Acqua in merito al fatto che le tariffe approvate dall'ex ATO2 Toscana il 06 Dicembre 2011 sono illegittime in quanto comprendono ancora la “remunerazione del capitale investito”. Il Tar della Toscana conferma questa illegittimità scrivendo nella sentenza che “il criterio della remunerazione del capitale (...) essendo strettamente connesso all’oggetto del quesito referendario, viene inevitabilmente TRAVOLTO dalla volontà popolare abrogatrice...”.


La Campagna di Obbedienza Civile

Con la vittoria del 2° quesito referendario del 12 e 13 giugno 2011 è stata abrogata la norma che prevede la “remunerazione del capitale”, pari al 7% del capitale investito (contenuta nel comma 1 dell’art. 154, del D. lgs 3 aprile 2006, n.152). Tale cifra, indicata nei piani d’ambito, è calcolata sulla base degli investimenti realizzati e di quelli previsti nell’anno solare di riferimento. Essa incide sulle bollette per una percentuale che oscilla, a seconda del Piano d’Ambito e del Piano degli Investimenti in esso contenuto, fra il 10% e il 25%, variando da un anno all’altro.
La Campagna di “obbedienza civile” è stata ideata e promossa dal Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua a partire dall'autunno del 2011 e consiste nel pagare le bollette, relative ai periodi successivi al 21 luglio 2011, applicando una riduzione pari alla componente della “remunerazione del capitale investito”.
E’ stata chiamata di “obbedienza civile” perché non si tratta di “disubbidire” ad una legge ingiusta, ma di “obbedire” alle leggi in vigore, così come modificate dagli esiti referendari.
Oggi, a distanza di due anni i gestori del servizio idrico italiano hanno ignorato con pretestuose argomentazioni l’esito referendario. Per questo abbiamo chiesto alle cittadine e ai cittadini italiani utenti del servizio idrico di aderire a questa campagna.
Lo scopo principale è quello di ottenere l’applicazione del risultato che è inequivocabilmente scaturito dai referendum.
Con la mobilitazione attiva di migliaia di cittadini ci siamo proposti di attivare una forma diretta di democrazia dal basso, auto-organizzata, consapevole e indisponibile a piegare la testa ai diktat dei poteri forti di turno.
Ci siamo proposti anche di dare una risposta all’evidente crisi della democrazia rappresentativa, ormai diventata impermeabile non solo alle istanze della società, ma persino ai formali esiti delle consultazioni codificate nella nostra Carta Costituzionale, come appunto i referendum abrogativi.
Oltre all'adesione di migliaia di cittadini che continuamente si autoriducono le bollette, diverse sono state anche le azioni legali promosse dai comitati territoriali e dai singoli utenti per richiedere che la quota relativa alla remunerazione del capitale investito venga espunta definitivamente dalla tariffa: ricorsi presso il giudice di pace e ricorsi al TAR, come quello sopra richiamato al TAR Toscana e quello promosso di fronte al TAR Emilia Romagna. E' possibile trovare tutte le informazioni sul sito www.obbedienzacivile.it.

I processi di ripubblicizzazione in atto in Italia
 
Dopo due anni di costanti attacchi all'esito del voto referendario chiunque si confronti con la battaglia per la riappropriazione sociale dell'acqua potrebbe immaginarla come totalmente immersa in una fase costantemente difensiva. Niente di più lontano dalla realtà concreta.
Se un anno fa il movimento per l'acqua poteva vantare, come unico risultato concreto, l'avvenuta trasformazione nella dittà di Napoli della società a totale capitale pubblico (ARIN S.p.A.) in azienda speciale (Acqua Bene Comune Napoli), oggi innumerevoli processi stanno attraversando la penisola, con l'unico obiettivo di praticare concretamente la trasformazione sancita dal voto della maggioranza assoluta dei cittadini italiani.

Imperia. E' un caso per molti versi esemplare, prima di tutto poiché i risultati ottenuti derivano in buona parte da una positiva e costruttiva sinergia tra i "Sindaci per l'Acqua Pubblica" e il locale Comitato Acqua Pubblica. Il primo passo è stato, nel luglio scorso, l'eliminazione dalla tariffa d'ambito della componente corrispondente alla remunerazione del capitale investito, in ottemperanza alla volontà espressa dai cittadini italiani in maggioranza assoluta tramite il secondo referendum del 2011. Pochi mesi dopo, Imperia ha posto mano anche al primo quesito provvedendo a bloccare ogni ipotesi di rinnovo della gestione mista in scadenza ed orientando il servizio idrico verso una gestione esclusivamente pubblica. Le aziende locali infatti sono state chiamate ad estromettere il loro socio privato e a confluire nella nuova azienda consortile affidataria del servizio idrico provinciale. La riacquisizione delle quote societarie ora in mano ai privati non potrà prescindere tra l'altro dal chiarire i pesanti dubbi di legittimità sulla cessione a suo tempo attuata delle quote stesse.

Savona. Il progetto di privatizzazione che sembrava avviato a bruciare le tappe senza trovare alcun ostacolo è stato invece sonoramente stoppato in Consiglio Provinciale: la maggioranza che appoggiava la privatizzazione è "andata sotto" alla prova del voto. Ora i sindaci si vanno orientando a confermare il blocco di ogni ipotesi di privatizzazione e guardano invece con crescente favore ad una soluzione esclusivamente pubblica e partecipata.

Torino. Nel Luglio 2012 in Conisglio comunale è stata votata una mozione che indirizzava alla gestione pubblica e alla cancellazione dalla tariffa della remunerazione del capitale investito. A fine Febbraio, le commissioni I e VI del Comune di Torino, in seduta congiunta, hanno liberato per l’aula la delibera di iniziativa popolare stilata e presentata mesi prima dal Comitato Acqua Pubblica Torino per la trasformazione di SMAT in azienda speciale consortile, azienda quindi di diritto pubblico. Pochi giorni dopo, il 4 Marzo, la delibera di iniziativa popolare in questione è stata approvata ufficialmente, sulla spinta della mobilitazione incessante dei cittadini e del locale Comitato Acqua Pubblica: i pochi emendamenti approvati al testo che era stato presentato introducono passaggi intermedi di valutazione e cancellano premesse politicamente "scomode", ma non mutano la sostanza del provvedimento, chiarissimo e inequivocabile nella sua prospettiva, pur introducendo una specifica criticità, ossia l'avvio di una verifica sulla fattibilità della tarsformazione. Attualmente il percorso della delibera è ripreso presso le Commissioni I e VI. Il 23 Maggio in convocazione congiunta la discussione ha visto la presentazione di un documento da parte del Dr. Mora (Direttore Direzione Aziende Partecipate) in cui sono state descritte diversi punti critici sulla tarsformazione. La partita è ancora tutta da giocare.

Varese. Anche a Varese infatti una fetta molto importante di sindaci del territorio ha partecipato al percorso di approfondimento sull'azienda speciale promosso da settembre 2012 dal Comitato per l'Acqua Bene Comune locale, dapprima come "uditori", poi sempre più convintamente collaborando gomito a gomito con i cittadini organizzati. I risultati non si sono fatti attendere e se già nel 2011 la Provincia si era orientata ufficialmente verso una gestione tutta pubblica del servizio idrico gestita tramite gestione in-house, poche settimane fa si è giunti alla decisione finale. Il servizio idrico sarà gestito da una srl in-house e nella discussione e votazione finale si è arrivati ad un passo dalla vittoria piena, poiché molti sindaci (circa 25 su 141, purtroppo non il sindaco del comune capoluogo) erano fermamente convinti della scelta della azienda di diritto pubblico.

Vicenza. Con la chiusura delle procedure di modifica dello statuto del comune capoluogo e la pubblicazione ufficiale è entrato in vigore a fine gennaio 2013 il nuovo statuto comunale di Vicenza che all' ART. 4 (Diritto all’acqua) recita: "Il Comune di Vicenza riconosce il diritto umano all’acqua, ossia l’accesso all’acqua potabile come diritto umano, universale, indivisibile, inalienabile e lo status dell’acqua come bene comune pubblico e garantisce che la proprietà e la gestione degli impianti, della rete di acquedotto, distribuzione, fognatura e depurazione siano pubbliche e inalienabili, nel rispetto delle normative comunitarie e nazionali. Il servizio idrico integrato è un servizio pubblico locale di interesse generale che, in attuazione della Costituzione ed in armonia con i principi comunitari, deve essere effettuato da un soggetto di diritto pubblico, non tenuto alle regole del mercato e della concorrenza". Il 13 Febbraio 2013 con 28 voti favorevoli e due astenuti il Consiglio Comunale di Vicenza ha approvato una delibera che da mandato alla Giunta Comunale in collaborazione con Acque Vicentine S.p.A., il Consiglio di Bacino Bacchiglione e il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua, di procedere con un percorso che miri a trasformare il gestore del servizio idrico integrato in una società di diritto pubblico, senza scopo di lucro e aperta alla partecipazione attiva dei cittadini.

Piacenza. Il percorso partecipato per verificare la fattibilita' di ripubblicizzazione del servizio idrico è stato definito a inizio 2013 e l'occasione l'ha fornita la scadenza del mandato, conferito alla società mista IREN e scaduto da un intero anno. A Piacenza e provincia i sindaci sono insorti contro IREN, che negli ultimi due anni di conduzione del servizio ha piu' che dimezzato gli investimenti a cui era vincolata. Inoltre il passaggio all'Ato unico regionale ha creato un vuoto di competenze, peggiorato dalla quasi totale inattività di ATERSIR. Il percorso partecipato a cui prenderà parte anche un rappresentante del Comitato Acqua Pubblica di Piacenza è effettivamente iniziato sia a livello comunale che provinciale, rispettivamente martedì 14 e mercoledì 15 maggio. La discussione sulla ripubblicizzazione è aperta ma ci sono ancora forti resistenze da superare anche interne alla stessa Giunta piacentina la cui posizione è tuttora ondivaga tra favorevoli all'affidamento ad un'azienda speciale e chi si fa promotore della gara.

Reggio Emilia. Limitandoci alle fasi principali e decisive del percorso, si parte da quel 17 dicembre 2012 in cui il consiglio comunale sceglie di togliere la gestione idrica ad IREN per riorientare la gestione in senso esclusivamente pubblico; la delibera passa con il voto positivo della maggioranza e di parte della minoranza e nessun altro consigliere vota contro. Passano quattro giorni e la decisione viene solennemente ribadita dall’assemblea dei sindaci del territorio (corrispondente all’ex ATO), riconoscendo valide le critiche puntualmente espresse dal comitato acqua locale in un documento appositamente redatto ed approvando un atto di indirizzo giustamente intitolato “Una proposta che guarda alle nuove generazioni”. Si passa nel giro di poche settimane, ai primi di febbraio, all'approvazione di due o.d.g.: il primo contro le multiutility e il secondo che ha preparato la modifica dello statuto comunale poi realizzata appunto l'11 febbraio. Lo statuto del Comune di Reggio Emilia ha ufficialmente recepito gli esiti referendari esprimendosi in questi termini: "Il Comune di Reggio Emilia riconosce il diritto umano all'acqua, ossia l'accesso all'acqua potabile come diritto umano, universale, indivisibile, inalienabile e lo status dell'acqua come bene comune pubblico. Garantisce che la proprietà e la gestione degli impianti, della rete di acquedotto, distribuzione, fognatura e depurazione siano pubbliche e inalienabili, nel rispetto delle normative comunitarie e nazionali. Garantisce che la gestione del servizio idrico integrato, riconosciuto come servizio pubblico locale di interesse generale, non persegua scopi di lucro e sia sottratta ai principi della libera concorrenza, mediante un soggetto a proprietà pubblica. Garantisce la gestione partecipativa del bene comune acqua, orientata a criteri di efficienza, risparmio, solidarietà, trasparenza, sostenibilità, con finalità di carattere sociale ed ecologico, salvaguardando le aspettative e i diritti delle generazioni future".
Gli eventi di Reggio Emilia, questo non sfugge a nessun pubblico amministratore in Italia, assumono particolare rilievo - non solo simbolico - in quanto vedono la luce in un comune capoluogo di provincia il cui sindaco è contemporaneamente presidente nazionale dell'ANCI.

Forlì. Si è concordato di istituire un tavolo provinciale per l'acqua che tra Forlì e Rimini ragioni in direzione di uno scorporo di "Romagna Acque" dalla multiutility Hera. A tale tavolo prenderanno parte acnhe i comitati locali per l'acqua pubblica.

Palermo. Il 4 Aprile la Giunta comunale ha approvato la delibera di trasformazione di AMAP S.p.A. in azienda speciale.

Paolo Carsetti 

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