Alla vigilia del secondo anniversario dei referendum sull'acqua bene comune pubblichiamo una sintetica ricostruzione dei fatti più salienti che hanno caratterizzato questi due anni. La ricostruzione è stata scritta da Paolo Carsetti della segreteria del Forum dei movimenti per l'acqua.
Il Forum dei movimenti per l'acqua per
il secondo anniversario dei referendum, oltre a mettere in campo diverse
iniziative diffuse sul territoro nazionale, ha deciso di sollecitare i
parlamentari affinchè s'impegnino in un'iniziativa politica per costruire un “intergruppo dei parlamentari per l'acqua bene comune”
che si ponga l'obiettivo di intraprendere un percorso legislativo per
giungere ad una gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico
integrato.
Il primo atto che viene chiesto di intraprendere ai parlamentari è
la sottoscrizione e il deposito del testo della proposta di legge
d'iniziativa popolare promossa dal Forum Italiano dei Movimenti per
l’Acqua.
A due anni dal referendum nel pinerolese come siamo messi? L'applicazione dei dettati referendari per quanto riguarda l'ACEA è lontana. L'ACEA, nei mesi successivvi al referendum, in fretta e furia (alla vigilia di natale 2011), è stata trasformata dalle amministrazioni comunali, in un agglomerato di società (scatole cinesi) aperte alla partecipazione privata (la società dei rifiuti, sulla quale proprio in questo periodo sono in corso forti discussioni, sulla base delle decisoni prese ha visto l'ingresso di n. 2 soci privati). Questa trasformazione secondo gli amministratori e lo staff ACEA rispondeva alla necessità di applicare un articolo di legge che poi nei mesi successivi è stato abrogato dalla corte costituzionale (vedi seguito), in nessun modo gli amministratori (sia in commissione che in consiglio comunale) hanno voluto ascoltare le ragioni del comitato acqua di pinerolo che richiedeva di soprassedere sulle decisioni almeno sino alla promulgazione della sentenza (che prevedeva positiva come realmente avvenuto) della corte costituzionale. Ma forse se il tempo lo permetterà dedicheremo un articolo specifico per la ricostruzione delle vicende locali.
Ecco la sintesi nazionale scritta da Paolo Casetti.
P.S. Per una sintesi più completa potete scaricare il seguente file
Disconoscimento
e tentativi di cancellazione dell'esito referendario
La sentenza 199/2012 della Corte
Costituzionale (20 Luglio 2012)
Il 13
Agosto 2011 il Governo ha approvato il decreto legge 138/2011 (cd. decreto di
Ferragosto) convertito con modificazioni dalla legge n. 148/2011. Tramite
l'articolo 4 di tale decreto sostanzialmente veniva riproposta la disciplina
dei servizi pubblici locali di rilevanza economica contenuta nell'art. 23-bis
abrogata con i referendum del 12-13 giugno
2011 pur escludendo il servizio idrico. Su tale provvedimento diverse Regioni
hanno presentato ricorso e la Corte costituzionale si è espressa (sentenza n.
199/2012 del 20/07/2012) dichiarando incostituzionale l'art. 4 e le successive
modifiche per palese violazione dell'art. 75 della Costituzione. La Consulta ha
riconosciuto che “l’impugnato art. 4, il quale nonostante sia intitolato
«Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum
popolare e alla normativa dall’Unione europea», detta una nuova disciplina dei
servizi pubblici locali di rilevanza economica, [...] letteralmente
riproduttiva, in buona parte, di svariate disposizioni dell’abrogato art.
23-bis”. Poi prosegue “La disposizione impugnata viola, quindi, il
divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare
desumibile dall’art. 75 Cost.”.
Tentativo
di assoggettamento al patto di stabilità interno delle aziende speciali e delle
S.p.A. in house
Seppur
diversi sono stati i provvedimenti approvati in tale senso è possibile
sostenere che il patto di stabilità non si applica a società in house ed
aziende speciali affidatarie dirette di servizi pubblici locali, perchè ad oggi
manca il provvedimento attuativo di quanto previsto in merito nell'art. 25 del
decreto liberalizzazioni non essendo stato ancora emanato il decreto
ministeriale tramite il quale dovevano essere individuate le modalità di
assoggettamento al patto di stabilità (l'at. 25 disponeva fosse approvato entro
ottobre 2012).
E' evidente che sottoporre le Aziende speciali al Patto di stabilità significa, in primo luogo, estendere anche ad esse ciò che si è verificato per gli Enti Locali, e cioè costruire una condizione per cui esse non saranno più in condizioni di effettuare investimenti e che questa diventerà la strada per favorire i processi di privatizzazione.
L'intervento
dell'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas (28 Dicembre 2012)
Per
quanto riguarda le tematiche relative al secondo quesito referendario
il
cosiddetto decreto "Salva Italia" ha trasferito
all'Autorità dell'energia e del gas "le funzioni di regolazione
e di controllo dei servizi idrici".
Il 28
Dicembre 2012 l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas ha approvato la
delibera 585/2012 con cui è stato definito il Metodo Tariffario Transitorio
(MTT) per la determinazione delle tariffe negli anni 2012 e 2013.
Il
Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua ha espresso un giudizio assolutamente
negativo su tale delibera e su cui, insieme a Federconsumatori, ha promosso un
ricorso al Tar Lombardia. Giudizio che si basa in primis sul mancato rispetto
dell'esito del II° referendum e dunque sulla mancata eliminazione dalla tariffa
di qualsiasi voce riconducibile alla remunerazione del capitale investito. Al
contrario si stanno facendo rientrare dalla finestra i profitti garantiti per i
gestori sotto la denominazione di “costo della risorsa finanziaria”. Il nuovo
metodo predisposto dall’Autorità, riproponendo la copertura tramite tariffa, e
quindi il riconoscimento ai gestori, di una percentuale standard del capitale
investito, sostanzialmente non sta facendo altro che reintrodurre lo stesso
meccanismo della remunerazione del capitale investito.
La
conseguenza più diretta dell'applicazione del Metodo Tariffario Transitorio
elaborato dall'AEEG sulle tariffe del servizio idrico sarà un aumento molto
rilevante che in media ammonterà ad un 13-14%. I primi risultati relativi
all'impatto del nuovo metodo sono stati raccolti in uno studio dell'ANEA
(Associazione Nazionale Autorità e Enti di Ambito): gli aumenti tariffari medi,
su un campione che riguarda 61 gestori, sono del 13,7%, con valori fra il 22 e
il 46,8% per una decina di gestori, mentre solo 17 gestori, resta sotto la
soglia del 6,5% di aumento prevista dal vecchio metodo tariffario normalizzato.
A fronte di tali dati e nonostante sia
tuttora vigente il principio del “full cost recovery” per cui la tariffa
dovrebbe coprire integralmente i costi del servizio, Federutility continua a
richiedere al Governo di trovare una modalità di finanziamento degli
investimenti necessari (circa 2 mld di €/anno) indicando come soluzioni
preferibili le tasse e finanziamenti pubblici. In questo modo appare evidente
che queste soluzioni non facciano altro che rendere possibili profitti più
elevati per gli stessi gestori essendo in gran parte sgravati dall'onere di
dover sopperire agli investimenti. Tale richiesta, tra l'altro, sta diventando
sempre più pressante visto che, sulla base del nuovo metodo tariffario, la
remuneratività degli investimenti calerà considerevolmente essendo possibile
caricare in tariffa solo quelli effettivamente realizzati, a differenza del
metodo normalizzato secondo cui la remunerazione veniva calcolata sulla
totalità degli investimenti, anche sulla porzione solamente programmata che in media
oscillava tra il 40%-45%.
Il
parere del Consiglio di Stato sull'eliminazione della
remunerazione
del capitale investito (25 Gennaio 2013)
Il
parere n. 267 del Consiglio di Stato del 25 gennaio 2013 è molto limpido e dà
pienamente ragione alle tesi sostenute dal Forum dei Movimenti per l'Acqua
all'indomani della vittoria referendaria, e cioè che l'abrogazione del 7% aveva
effetto immediato a partire dal 21 luglio 2011, data di promulgazione
dell'esito referendario. Infatti, nel parere si dice che "l'applicazione
fatta dello stesso decreto 1° agosto 1996 a far data dal giorno (21 luglio
2011) in cui il referendum dl 12 e 13 giugno ha prodotto effetti non sia stata
coerente... con il quadro normativo risultante dalla consultazione
referendaria". E la motivazione lo è altrettanto: "al
referendum abrogativo è stata riconosciuta una sorta di valenza espansiva
rispetto alle disposizioni legislative non coinvolte in maniera espressa dal
quesito referendario, ma comunque incompatibili con la volontà manifestata
dagli elettori".
Insomma,
il parere del Consiglio di Stato è molto rilevante, comparabile a quello della
sentenza 199/2012 della Corte Costituzionale sul primo referendum.
La sentenza del TAR Toscana sulla
remunerazione del capitale investito (21 Marzo 2013)
Il Tar della Toscana con la sentenza n.426/2013 del 21 marzo u.s. accoglie il
ricorso presentato dal Forum Toscano dei Movimenti per l'Acqua in merito al
fatto che le tariffe approvate dall'ex ATO2 Toscana il 06 Dicembre 2011 sono
illegittime in quanto comprendono ancora la “remunerazione del capitale
investito”. Il Tar della Toscana conferma questa illegittimità scrivendo nella
sentenza che “il criterio della remunerazione del capitale (...) essendo
strettamente connesso all’oggetto del quesito referendario, viene
inevitabilmente TRAVOLTO dalla volontà popolare abrogatrice...”.
La Campagna di Obbedienza Civile
Con
la vittoria del 2° quesito referendario del 12 e 13 giugno 2011 è stata
abrogata la norma che prevede la “remunerazione del capitale”, pari al 7% del
capitale investito (contenuta nel comma 1 dell’art. 154, del D.
lgs 3 aprile 2006, n.152). Tale cifra, indicata nei piani
d’ambito, è calcolata sulla base degli investimenti realizzati e di quelli
previsti nell’anno solare di riferimento. Essa incide sulle bollette per una
percentuale che oscilla, a seconda del Piano d’Ambito e del Piano degli
Investimenti in esso contenuto, fra il 10% e il 25%, variando da un anno
all’altro.
La Campagna di “obbedienza civile” è stata
ideata e promossa dal Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua a partire
dall'autunno del 2011 e consiste nel pagare le bollette, relative ai periodi
successivi al 21 luglio 2011, applicando una riduzione pari alla componente
della “remunerazione del capitale investito”.
E’ stata chiamata di “obbedienza civile”
perché non si tratta di “disubbidire” ad una legge ingiusta, ma di “obbedire”
alle leggi in vigore, così come modificate dagli esiti referendari.
Oggi,
a distanza di due anni i gestori del servizio idrico italiano hanno ignorato
con pretestuose argomentazioni l’esito referendario. Per questo abbiamo chiesto
alle cittadine e ai cittadini italiani utenti del servizio idrico di aderire a
questa campagna.
Lo scopo principale è quello di ottenere
l’applicazione del risultato che è inequivocabilmente scaturito dai referendum.
Con la mobilitazione attiva di migliaia di
cittadini ci siamo proposti di attivare una forma diretta di democrazia dal
basso, auto-organizzata, consapevole e indisponibile a piegare la testa ai
diktat dei poteri forti di turno.
Ci siamo proposti anche di dare una
risposta all’evidente crisi della democrazia rappresentativa, ormai diventata
impermeabile non solo alle istanze della società, ma persino ai formali esiti
delle consultazioni codificate nella nostra Carta Costituzionale, come appunto
i referendum abrogativi.
Oltre all'adesione di migliaia di cittadini
che continuamente si autoriducono le bollette, diverse sono state anche le
azioni legali promosse dai comitati territoriali e dai singoli utenti per richiedere
che la quota relativa alla remunerazione del capitale investito venga espunta
definitivamente dalla tariffa: ricorsi presso il giudice di pace e ricorsi al
TAR, come quello sopra richiamato al TAR Toscana e quello promosso di fronte al
TAR Emilia Romagna. E' possibile trovare tutte le informazioni sul sito www.obbedienzacivile.it.
I processi di ripubblicizzazione in atto in Italia
Dopo
due anni di costanti attacchi all'esito del voto referendario chiunque si
confronti con la battaglia per la riappropriazione sociale dell'acqua potrebbe
immaginarla come totalmente immersa in una fase costantemente difensiva. Niente
di più lontano dalla realtà concreta.
Se un anno fa il movimento per l'acqua
poteva vantare, come unico risultato concreto, l'avvenuta trasformazione nella
dittà di Napoli della società a totale capitale pubblico (ARIN S.p.A.) in
azienda speciale (Acqua Bene Comune Napoli), oggi innumerevoli processi stanno
attraversando la penisola, con l'unico obiettivo di praticare concretamente la
trasformazione sancita dal voto della maggioranza assoluta dei cittadini
italiani.
Imperia. E' un caso per molti versi esemplare, prima di tutto poiché i
risultati ottenuti derivano in buona parte da una positiva e costruttiva
sinergia tra i "Sindaci per l'Acqua Pubblica" e il locale
Comitato Acqua Pubblica. Il primo passo è stato, nel luglio scorso,
l'eliminazione dalla tariffa d'ambito della componente corrispondente alla
remunerazione del capitale investito, in ottemperanza alla volontà espressa dai
cittadini italiani in maggioranza assoluta tramite il secondo referendum del
2011. Pochi mesi dopo, Imperia ha posto mano anche al primo quesito provvedendo
a bloccare ogni ipotesi di rinnovo della gestione mista in scadenza ed
orientando il servizio idrico verso una gestione esclusivamente pubblica. Le
aziende locali infatti sono state chiamate ad estromettere il loro socio
privato e a confluire nella nuova azienda consortile affidataria del servizio
idrico provinciale. La riacquisizione delle quote societarie ora in mano ai
privati non potrà prescindere tra l'altro dal chiarire i pesanti dubbi di
legittimità sulla cessione a suo tempo attuata delle quote stesse.
Savona. Il progetto di privatizzazione che sembrava avviato a bruciare le tappe
senza trovare alcun ostacolo è stato invece sonoramente stoppato in Consiglio
Provinciale: la maggioranza che appoggiava la privatizzazione è "andata
sotto" alla prova del voto. Ora i sindaci si vanno orientando a confermare
il blocco di ogni ipotesi di privatizzazione e guardano invece con crescente
favore ad una soluzione esclusivamente pubblica e partecipata.
Torino. Nel Luglio 2012 in Conisglio comunale è stata votata una mozione che
indirizzava alla gestione pubblica e alla cancellazione dalla tariffa della
remunerazione del capitale investito. A fine Febbraio, le commissioni I e VI
del Comune di Torino, in seduta congiunta, hanno liberato per l’aula la
delibera di iniziativa popolare stilata e presentata mesi prima dal Comitato
Acqua Pubblica Torino per la trasformazione di SMAT in azienda speciale
consortile, azienda quindi di diritto pubblico. Pochi giorni dopo, il 4 Marzo,
la delibera di iniziativa popolare in questione è stata approvata
ufficialmente, sulla spinta della mobilitazione incessante dei cittadini e del
locale Comitato Acqua Pubblica: i pochi emendamenti approvati al testo che era
stato presentato introducono passaggi intermedi di valutazione e cancellano
premesse politicamente "scomode", ma non mutano la sostanza del
provvedimento, chiarissimo e inequivocabile nella sua prospettiva, pur
introducendo una specifica criticità, ossia l'avvio di una verifica sulla
fattibilità della tarsformazione. Attualmente il percorso della delibera è
ripreso presso le Commissioni I e VI. Il 23 Maggio in convocazione congiunta la
discussione ha visto la presentazione di un documento da parte del Dr. Mora
(Direttore Direzione Aziende Partecipate) in cui sono state descritte diversi
punti critici sulla tarsformazione. La partita è ancora tutta da giocare.
Varese. Anche a Varese infatti una fetta molto importante di sindaci del
territorio ha partecipato al percorso di approfondimento sull'azienda speciale
promosso da settembre 2012 dal Comitato per l'Acqua Bene Comune locale,
dapprima come "uditori", poi sempre più convintamente collaborando
gomito a gomito con i cittadini organizzati. I risultati non si sono fatti
attendere e se già nel 2011 la Provincia si era orientata ufficialmente verso
una gestione tutta pubblica del servizio idrico gestita tramite gestione
in-house, poche settimane fa si è giunti alla decisione finale. Il servizio
idrico sarà gestito da una srl in-house e nella discussione e votazione
finale si è arrivati ad un passo dalla vittoria piena, poiché molti sindaci
(circa 25 su 141, purtroppo non il sindaco del comune capoluogo) erano
fermamente convinti della scelta della azienda di diritto pubblico.
Vicenza. Con la chiusura delle procedure di modifica dello statuto del comune capoluogo
e la pubblicazione ufficiale è entrato in vigore a fine gennaio 2013 il nuovo
statuto comunale di Vicenza che all' ART. 4 (Diritto all’acqua) recita: "Il
Comune di Vicenza riconosce il diritto umano all’acqua, ossia l’accesso
all’acqua potabile come diritto umano, universale, indivisibile, inalienabile e
lo status dell’acqua come bene comune pubblico e garantisce che la proprietà e
la gestione degli impianti, della rete di acquedotto, distribuzione, fognatura
e depurazione siano pubbliche e inalienabili, nel rispetto delle normative comunitarie
e nazionali. Il servizio idrico integrato è un servizio pubblico locale di
interesse generale che, in attuazione della Costituzione ed in armonia con i
principi comunitari, deve essere effettuato da un soggetto di diritto pubblico,
non tenuto alle regole del mercato e della concorrenza". Il 13
Febbraio 2013 con 28 voti favorevoli e due astenuti il Consiglio Comunale di
Vicenza ha approvato una delibera che da mandato alla Giunta Comunale in
collaborazione con Acque Vicentine S.p.A., il Consiglio di Bacino Bacchiglione
e il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua, di procedere con un percorso che
miri a trasformare il gestore del servizio idrico integrato in una società di
diritto pubblico, senza scopo di lucro e aperta alla partecipazione attiva dei
cittadini.
Piacenza. Il percorso partecipato per verificare la fattibilita' di
ripubblicizzazione del servizio idrico è stato definito a inizio 2013 e
l'occasione l'ha fornita la scadenza del mandato, conferito alla società mista
IREN e scaduto da un intero anno. A Piacenza e provincia i sindaci sono insorti
contro IREN, che negli ultimi due anni di conduzione del servizio ha piu' che
dimezzato gli investimenti a cui era vincolata. Inoltre il passaggio all'Ato
unico regionale ha creato un vuoto di competenze, peggiorato dalla quasi totale
inattività di ATERSIR. Il percorso partecipato a cui prenderà parte anche un
rappresentante del Comitato Acqua Pubblica di Piacenza è effettivamente
iniziato sia a livello comunale che provinciale, rispettivamente martedì 14 e
mercoledì 15 maggio. La discussione sulla ripubblicizzazione è aperta ma ci
sono ancora forti resistenze da superare anche interne alla stessa Giunta
piacentina la cui posizione è tuttora ondivaga tra favorevoli all'affidamento
ad un'azienda speciale e chi si fa promotore della gara.
Reggio
Emilia. Limitandoci alle fasi principali e decisive del percorso, si
parte da quel 17 dicembre 2012 in cui il consiglio comunale sceglie di togliere
la gestione idrica ad IREN per riorientare la gestione in senso esclusivamente
pubblico; la delibera passa con il voto positivo della maggioranza e di parte
della minoranza e nessun altro consigliere vota contro. Passano quattro giorni
e la decisione viene solennemente ribadita dall’assemblea dei sindaci del
territorio (corrispondente all’ex ATO), riconoscendo valide le critiche
puntualmente espresse dal comitato acqua locale in un documento appositamente
redatto ed approvando un atto di indirizzo giustamente intitolato “Una
proposta che guarda alle nuove generazioni”. Si passa nel giro di poche
settimane, ai primi di febbraio, all'approvazione di due o.d.g.: il primo
contro le multiutility e il secondo che ha preparato la modifica dello statuto
comunale poi realizzata appunto l'11 febbraio. Lo statuto del Comune di Reggio
Emilia ha ufficialmente recepito gli esiti referendari esprimendosi in questi
termini: "Il Comune di Reggio Emilia
riconosce il diritto umano all'acqua, ossia l'accesso all'acqua potabile come
diritto umano, universale, indivisibile, inalienabile e lo status dell'acqua
come bene comune pubblico. Garantisce che la proprietà e la gestione degli
impianti, della rete di acquedotto, distribuzione, fognatura e depurazione
siano pubbliche e inalienabili, nel rispetto delle normative comunitarie e
nazionali. Garantisce che la gestione del servizio idrico integrato,
riconosciuto come servizio pubblico locale di interesse generale, non persegua
scopi di lucro e sia sottratta ai principi della libera concorrenza, mediante
un soggetto a proprietà pubblica. Garantisce la gestione partecipativa del bene
comune acqua, orientata a criteri di efficienza, risparmio, solidarietà,
trasparenza, sostenibilità, con finalità di carattere sociale ed ecologico,
salvaguardando le aspettative e i diritti delle generazioni future".
Gli eventi di Reggio Emilia, questo non
sfugge a nessun pubblico amministratore in Italia, assumono particolare rilievo
- non solo simbolico - in quanto vedono la luce in un comune capoluogo di
provincia il cui sindaco è
contemporaneamente presidente nazionale dell'ANCI.
Forlì. Si è concordato di istituire un tavolo provinciale per l'acqua
che tra Forlì e Rimini ragioni in direzione di uno scorporo di "Romagna
Acque" dalla multiutility Hera. A tale tavolo prenderanno parte acnhe i
comitati locali per l'acqua pubblica.
Palermo. Il 4 Aprile la Giunta comunale ha approvato la delibera di
trasformazione di AMAP S.p.A. in azienda speciale.
Paolo Carsetti